Gentile Direttore,
la sessione della Legge di Bilancio appena avviatasi induce la cittadinanza ad alcune riflessioni sui conti pubblici e sulla spesa.
Il debito pubblico sta crescendo a tassi non sostenibili rispetto alla crescita del PIL ed è improcrastinabile porre rimedio a questa dinamica nefasta, che minaccia le future generazioni e la sovranità della nostra Repubblica.
Vi è consapevolezza che non sia facile trovare il consenso per riforme strutturali ma necessarie, quali quella della spesa pensionistica o della spesa sanitaria. Tuttavia, non si può sottacere il fatto che le dinamiche demografiche e la scarsa crescita economica stiano determinando la necessità che, anno dopo anno, si utilizzino risorse provenienti dalla tassazione generale e dal debito dello Stato per sussidiare un sistema previdenziale e sanitario squilibrato.
Tutti convengono che sia necessario ridurre la spesa pubblica, ma al momento di individuare quali spese tagliare, non si riesce mai a trovare il necessario consenso.
In tale ambito, sarebbe altresì utile che lo Stato procedesse senza indugio alla dismissione di asset non strategici, al fine di concentrare le risorse in quei settori ed in quelle attività a maggiore impatto strategico, che i privati non possono o non hanno interesse a svolgere. Ad esempio, sarebbe auspicabile che lo Stato riducesse la sua presenza nel sistema finanziario, favorendo viceversa la concorrenza tra soggetti privati ed emanando norme tese ad attrarre maggiori investimenti e capitali. Al riguardo, non si capisce perché lo Stato continui a sussidiare il mantenimento di società e di posti di lavoro fuori dalla Repubblica, mentre, al contempo, vengono richiesti sacrifici ai lavoratori sammarinesi.
Un lettore