Vanessa Muratori: “Nella scuola dell’infanzia si sta lavorando con l’affanno, si fa fatica a garantire il numero legale per la sicurezza e si è arrivati a dire addirittura che si sta contando sull’influenza.” Mariella Mularoni: “Saranno i giovani insegnanti che si sono formati con investimenti e costi spesso a carico delle famiglie a pagare il prezzo più alto del decreto”.
La vocazione della scuola è quella di concorrere alla crescita culturale, sociale e civile di un Paese. Un ruolo cruciale che troppo spesso tuttavia le viene riconosciuto solo a parole. E’ questo il tema che è stato al centro della puntata andata in onda su Rtv de ‘Il cantone delle botte’ di Sonia Tura mercoledì scorso dove sono intervenuti, oltre al Segretario alla Cultura Marco Podeschi, anche il consigliere del Pdcs Mariella Mularoni, il consigliere di Ap Fabrizio Perotto e la portavoce degli insegnanti Vanessa Muratori. Così mentre ancora una volta il segretario Podeschi e il consigliere di maggioranza Perotto si sono mostrati stupiti per l’intensità della protesta e della mobilitazione, Muratori e Mularoni sono invece tornate a sottolineare la gravità di un decreto che sembrerebbe colpire al cuore la qualità dell’offerta scolastica.
“Noi auspicavamo – ha detto la Muratori – spiragli di dialogo, tutti quanti gli ordini di scuola hanno chiesto un passo indietro e il ritiro del decreto perché esso ha portato forti criticità, nella scuola dell’infanzia si sta lavorando con l’affanno, si fa fatica a garantire il numero legale per la sicurezza e si è arrivati a dire addirittura che si sta contando sull’influenza. Sono in affanno anche le scuole elementari nei piccoli centri perché si è costretti a fare il tempo pieno con un’insegnante in meno e non è da poco tempo che ci si trova in questa situazione. A ciò si aggiunge il problema del debito sto che gli insegnanti continuano a rifiutare perché non siamo in debito proprio per niente, il nostro lavoro lo facciamo, rispettiamo le norme contrattuali che il governo ha modificato in modo unilaterale, grazie al nostro lavoro abbiamo sopperito alle carenze della scuola. Però non si può mettere sempre il cerottino per curare la ferita. Chiediamo alla scuola più risorse. La logica di spending review uccide la scuola. Certo, i tagli e i disastri arrivano anche dal passato, nel 2014 ci fu un decreto. Ma il primo a contestare il decreto del 2014 era stato Podeschi e ci era stato detto che non sarebbero più stati fatti tagli. Il calo demografico non c’entra nulla, siamo in una società dell’informazione dove la cultura dovrebbe essere un valore aggiunto per tutta la popolazione, se ci fosse un’attenzione anche per la formazione e per l’analfabetismo di ritorno si aprirebbero praterie per la scuola. Ma serve una visione culturale più ampia, quella che questo governo probabilmente non ha”. Considerazioni altrettanto dure sono state quelle del consigliere del Pdcs Mariella Mularoni: “Il decreto è stato imposto e non ha tenuto in alcun conto i suggerimenti, le richieste e le esigenze degli insegnanti. Spesso nella scuola media gli insegnanti sono caricati dal sostegno e devono fare anche le sostituzioni perché esse non vengono più assegnate. Ora c’è il fatto che tutte le ore saranno di 55/60 minuti, di conseguenza si perderanno degli insegnanti, ciò dà la misura di come a pagare le spese di questo decreto saranno i giovani che si sono formati negli ultimi dieci anni, con investimenti importanti e costi spesso sostenuti dalle famiglie. Senza contare gli effetti del decreto sulla qualità dell’offerta scolastica. Viene chiesto agli insegnanti il recupero di un debito scolastico inesistente. Le ore erano state portate a 50 per inserire le due ore di francese. Il ‘debito’ fu restituito mediante le 160 ore di rientro pomeridiano che poi tutti sanno che non sono solo 160. Il blocco degli scrutini è stato scelto perché questa modalità voleva essere un segnale e allo stesso tempo non si danneggiavano i ragazzi, del resto le famiglie con il registro elettronico sono informate in tempo reale sui loro rendimenti”.
La RepubblicaSM