“Fiorito” non è solo il titolo di una mostra, ma un’etimologia emozionale prima che scientifica, che rimanda a quel “giardino di ceramiche” nate dal sentire errante dell’artista attraverso le terre di San Marino e dell’alta Valmarecchia. Una serie di opere letteralmente raccolte, lavorate, riplasmate e decorate come a bloccare ogni preciso momento di un percorso artistico sempre teso a catturare lo spirito del luogo. Sin da bambino gli piaceva raccogliere la terra, per gioco, poi la lavorava e aspettava che si asciugasse. In seguito, sono venuti i colori, la ricerca su altri materiali: i metalli, la tela, la carta, il legno, sempre alla ricerca di quell’anima nascosta nelle cose che solo l’arte riesce a svelare.
La mostra “Fiorito” è stata inaugurata ufficialmente martedì pomeriggio, a Palazzo Graziani, in una cornice di pubblico appassionato, che da sempre segue Gabriele Gambuti e lo sostiene. Accanto a lui: il Segretario alla Cultura Teodoro Lonfernini, che ha offerto il patrocinio; Vito Testaj direttore degli Istituti Culturali, che hanno messo a disposizione gli spazi espositivi; il presidente della Cooperativa 3 Arrows Francesco Chiari, che ha curato e organizzato questa singolare rassegna.
Nel complimentarsi con l’artista, il Segretario Lonfernini ha sottolineato il legame indissolubile tra San Marino e la ceramica: “Un’espressione di alta creatività che affonda le radici nel profondo della vita della nostra comunità, portata avanti nei secoli da sapienti ceramisti che hanno saputo farla diventare un segno distintivo della tradizione locale”. Vito Testaj ha posto l’accento sulla grande vitalità artistica che sta emergendo in Repubblica e che ora può trovare casa in Palazzo Graziani, con una serie di iniziative che si protrarranno anche nei prossimi mesi.
“Questa mostra è una questione di amicizia e di affetto – ha spiegato il curatore Francesco Chiari – perché quando si agisce in una dimensione professionale, prevale la tecnica. Qui, non è stato possibile, perché sono subito emersi quei sentimenti di sincerità e trasparenza che sono propridi Gabriele”. Dal pubblico, ha raccontato alcune caratteristichedell’autore, la scrittrice Maria Chiara Macina. “Con Fiorito, Gambuti torna al suo primo amore, la ceramica, con visi e volti, ma anche con animali veri e fantastici. Lui non ama parlare, ma ama regalare emozioni e suggestioni artistiche”.
Difficile fare una classifica di bellezza tra le 80 opere in esposizione, dove la ceramica la fa da padrone con vasi antropomorfi, o zoomorfi; installazioni fantastiche, murales di carta o di stoffa che diventano tovaglie; sculture con applicazioni disegnate o modellate a mano. Sulla varietà dei materiali, emerge sovrano il colore declinato in tutte le sue possibili sfumature, un po’ provocatorie, un po’ messaggere di dolcezza e riflessione. Ogni opera parla di un luogo che è soprattutto dell’anima, proiezione di un sogno, di un bisogno di bello e armonia. A questo tende la ricerca artistica di Gabriele Gambuti, come a testimoniare un’antica, delicata sintonia tra arte e natura in cui il rigore della ricerca si interseca con la perizia e la sensibilità dell’artista nel restituire la magia di un paesaggio primordiale, la cui memoria è forse ancora nascosta nelle profondità del nostro cuore. Per questo ci strappa meraviglia e ammirazione.
Le sue opere sbocciano spontanee, nascono dalla riserva della realtà e della vita, dai ricordi che sempre più somigliano a configurazioni abitabili. Riproducono alberi e fiori dai contorni morbidi e gentili, quasi fossero dipinti dal lieve battito d’ali di una farfalla; visi muliebri dai tratti ancestrali, simbolicamente archetipici. Donne di ombra e di luce, d’immagine e di pensiero, ma sempre comunque d’amore, per quel concetto universale di femminino che rimanda al mistero della vita. La ceramica come pelle ferita, un’eco di passione, di dolcezza e di malinconia.
La mostra sarà aperta tutti i giorni, a Palazzo Graziani, fino al 28 settembre.