San Marino. Tangentopoli. Morganti non ‘segue’ Felici «Non mi dimetto, sono pulito»

morganti beppeConto Mazzini, il segretario alla Cultura tirato in ballo dalla Frisoni
«NON POSSO dire mi dimetto per difendermi. Dovrei difendermi da cosa?». Quella del segretario di Stato alla Cultura, Giuseppe Morganti, come lui stesso tiene a precisare, non è una difesa. L’indagine sul ‘Conto Mazzini’ lo ha tirato in ballo, precisamente il suo nome è uscito dall’interrogatorio dell’imprenditrice Mirella Frisoni, insieme a quello dell’ormai ex segretario di Stato alle Finanze, Claudio Felici e al capogruppo del Psd, Stefano Macina. «La citazione non riporta un’accusa. Capisco che se un segretario di Stato _ commenta _ viene anche marginalmente, come è il mio caso, coinvolto in queste cose è giusto riflettere. E io lo sto facendo. Di più non sono davvero in grado di dire». La tangentopoli sammarinese sta mandando in tilt la politica del Titano. L’ultimo atto mercoledì ha portato alle dimissioni del ministro Felici. «Mi dispiace molto per Claudio _ ci tiene a sottolineare Morganti _ che io ritengo punta di diamante di questo governo. Perché quello che di buono è stato fatto in questi anni è giusto sottolinearlo. La priorità di tutti in questo momento deve essere quella di dare un’opportunità a questo Paese. E non si può quindi buttare all’aria le cose buone che sono state fatte». Sulla stessa linea c’è il partito di Morganti che è lo stesso di Felici: il Psd. Le dimissioni dell’uomo di governo “di punta” del Psd “indeboliscono tutto l’esecutivo”, non solo il partito. «Le dimissioni dell’uomo di governo ‘di punta’ ideboliscono tutto l’esecutivo. La soluzione più facile per il Psd _ spiega il segretario del partito Marina Lazzarini _ sarebbe stata ritirare la delegazione di governo e aprire la crisi. Ma è stata preferita un’azione di verità e garanzia di stabilità istituzionale ed economica». In particolare, il boccone amaro è stato mandato giù «per consentire il proseguimento dei lavori delle commissioni consiliari d’inchiesta e per non rallentare le azioni giudiziarie per via di una possibile campagna elettorale». Il presidente del Psd, Francesco Morganti spiega che le dimissioni non sono state chieste dal Psd a Felici. «Sono una scelta personale maturata per permettergli di difendersi dagli attacchi e per sgombrare il campo da pesi sulla sua persona e soprattutto sul suo ruolo di segretario». Morganti fa un lungo elenco dei meriti dell’ex segretario: le riforme fatte e avviate negli ultimi due anni, il taglio di 10 milioni di euro alla spesa pubblica, la gestione dei negoziati internazionali con Ocse, Fmi, Ue, Usa, l’uscita dalla black list. La direzione di mercoledì sera, infine, non ha designato il successore di Felici a Palazzo Begni: oggi si riunirà il gruppo consiliare, tra cui sarà scelto il segretario per le Finanze e, alle 18, la proposta sarà valutata dalla direzione. Favorito resta il nome di Gian Carlo Capicchioni.