Allarme su Rimini che secondo il quotidiano riminese sarebbe diventato il centro di riferimento dei salafiti oltranzisti di tutta la Regione. Come abbiamo già avuto modo di scrivere su queste pagine virtuali, siamo in grado di poter affermare che tale preoccupazione può essere estesa alla Repubblica di San Marino. In una delle recenti relazioni della Digos infatti si legge di un soggetto “legato al terrorismo internazionale di matrice islamica, poi identificato dalla Digos di Bologna, nei cui confronti sono in corso accertamenti di p.g. (anche mediante attività rogatoriale in corso di predisposizione) da parte delle stessa Digos per attività di riciclaggio svolta a San Marino”. Di particolare interesse diventano alla luce degli attuali sviluppi le intercettazioni di circa un anno fa. In pratica lo sceicco Ahmed Abu Alharit, coordinatore dei volontari che continuamente affluiscono nelle file jihadiste a fianco dello Stato Islamico, riceve “continuamente richieste da Inghilterra, Francia, Marocco, Libia, perfino da San Marino e dalla Svezia”. Si tratta dei cosiddetti foreign fighters, coloro che sono pronti a dare la vita per lo Stato islamico. L’intercettazione sull’utenza turca parte il 12 dicembre 2014. In totale vengono censiti contatti con 22 utenze di 13 paesi diversi. Tra queste Svizzera, Svezia, Francia, San Marino appunto e l’Italia. Infine una frase – quella di colei che è stata ribattezzata lady Jihad – che non lascia adito ad alcun tipo di dubbio: “In Italia abbiamo molti mujaheddin, hanno dei collegamenti, sanno cosa fare, non c’è da preoccuparsi…”. Spulciando nella cronaca, esiste un filo che passando da Bologna, unisce i vecchi combattenti maghrebini attivi nella guerra di Bosnia a metà degli anni 90 ai giovani “foreign fighters” delle armate islamiche che oggi seminano terrore in Siria e in Iraq. Insomma lo si ribadisce nuovamente: l’inchiesta del Carlino non deve stupire, né creare polemiche perché la Romagna rappresenta certamente un polo da tenere sotto controllo. Per questo il Titano deve drizzare le antenne. I dati dell’intelligence italiana dicono che tra i circa 50 combattenti islamisti partiti dal Belpaese per i teatri di guerra più caldi della Siria e dell’Iraq, alcuni hanno vissuto a Bologna, nel Bolognese e in Emilia-Romagna.
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