
Cosa è successo quando sul banco dei testimoni, nel corso del procedimento noto come “Caso Titoli” (500/2017), è salito il Presidente della Commissione sammarinese Antimafia Pasquale Valentini, democristiano e riferimento della corrente “Cielle” di Via delle Scalette? Non è giunta alcuna spiegazione ufficiale, nonostante il chiaro invito della settimana scorsa (leggi qui).
Una testimonianza che ha alimentato delicate “ombre” sulla stessa testimonianza e sulla conformità della medesima rispetto al giuramento prestato. Nei giorni scorsi, specificando che non può essere un commentatore o un cronista come me a dare le necessarie risposte (del resto non ero presente nell’Aula Grande dei Tavolucci durante i fatti in questione), avevo invitato il Consigliere Valentini a spiegare, nel dettaglio, se corrispondesse al vero quanto trapelato già nell’immediatezza della testimonianza.
“Pasquale Valentini -scrivevo- come ogni personaggio che riveste una carica pubblica di tale importanza, ha il dovere della trasparenza. E i sammarinesi -come già evidenziato dall’ex Segretario di Stato Emilio Della Balda– hanno il diritto, oggi, di sapere se sono rappresentati, alla Presidenza della Commissione Antimafia, oltre che nella massima sede dell’esercizio della millenaria democrazia del Titano (il Consiglio Grande e Generale per intenderci), da un Presidente che potrebbe aver rilasciato, in un’Aula di tribunale, dichiarazioni non conformi al giuramento fatto”.
Sono passati giorni dalla richiesta, non solo mia, di spiegazioni; sono passati giorni dall’invito pubblico (“inviato” al destinatario da queste stesse pagine elettroniche) a fornire una precisa e diretta ricostruzione dei fatti… Un invito che, per ora, è caduto nel vuoto e che, vista la delicatezza -e per certi versi gravità- dei dubbi alimentati da precise affermazioni che sarebbero state fatte dall’illustre “teste”, avrebbe meritato priorità, sia nel rispetto del delicato ruolo di presidente della Commissione Antimafia e contro la criminalità, che per quello di consigliere nei rispeti dell’intera cittadinanza. E, al tempo stesso, per rispetto del suo partito di appartenenza (il Pdcs) che potrebbe subire un danno di immagine non trascurabile qualora la testimonianza giurata di un suo autorevole rappresentante non fosse stata conforme al giuramento fatto di fronte al Giudice del processo.
Ma cosa sarebbe successo in Tribunale? Come spiegato la settimana scorsa su queste stesse pagine (leggi qui), l’avvocato della difesa Confuorti -nel corso dell’audizione del teste Valentini- avrebbe chiesto allo stesso testimone di “definire il rapporto che intercorresse fra lui e l’imputato Confuorti”. In risposta, il Presidente della Commissione Antimafia, avrebbe dichiarato di avere incrociato Confuorti una sola volta, “nel corso del Meeting di Rimini”, per poi non averlo “più visto né frequentato”.
Una dichiarazione che avrebbe indotto il legale ad estrarre dal “cilindro” una email che il politico democristiano avrebbe inviato all’imputato Confuorti. Una comunicazione, caratterizzata da toni confidenziali che cozzerebbero con quanto dichiarato sotto giuramento dal testimone (leggi qui i contenuti della mail) e che, quindi, ha alimentato i pesanti dubbi al centro della vicenda.
Egregio Consigliere Valentini, egregio Presidente della Commissione Antimafia biancazzurra, le dichiarazioni, le affermazioni che ha rilasciato sotto giuramento nel corso del Processo “Caso Titoli” sono state realmente non conformi o non complete rispetto alla realtà dei fatti o delle situazioni su cui è stato chiamato a rispondere dall’avvocato della difesa Confuorti?
In assenza di una sua solerte precisazione, appare comprensibile il dubbio che dilaga nel Paese e che, se non solertemente ridimensionato o ricondotto a fandonia o equivoco, potrebbe ledere anche la sua autorevolezza.
GiornaleSM -come appariva chiaro già gironi fa- è disponibile a dare spazio ad ogni sua dichiarazione… Io, dal mio canto, sono impaziente di poter conoscere con certezza la realtà dei fatti, perchè oggi, in ballo, non c’è il rapporto -esistente o non esistente che sia, legittimo in ogni caso- con uno degli imputati in quel procedimento (il finanziere lucano Francesco Confuorti), ma la veridicità o la completezza di quanto lei avrebbe affermato, sotto giuramento, durante un importante processo penale.
Enrico Lazzari