San Marino. Titoli di debito da destinare al mercato interno: perché si aspetta? … di Alberto Forcellini

L’Italia esulta per la riduzione del rapporto debito pubblico / PIL al 150 per cento. A San Marino una tale percentuale sarebbe improponibile, perché un piccolo Stato non ha le risorse, né le potenzialità di una grande nazione. Rischierebbe di rimanere schiacciato dal debito.

Arrivare a calcolare il rapporto fra debito e PIL è frutto di  un percorso complesso, che tiene conto delle percentuali di crescita e dei saldi di spesa all’interno di un sistema di regole assai strutturato. All’interno della UE, questo sistema viene giudicato eccessivamente complesso per il progressivo accumularsi di norme e di eccezioni; nonché poco trasparente, per il ricorso a stime di grandezze non osservabili e difficilmente quantificabili come il prodotto potenziale. Ne derivano elementi di arbitrarietà nei processi decisionali dell’Unione.

Un ruolo centrale nei processi di calcolo, spetta al criterio della sostenibilità del debito. Questo concetto può essere diversamente interpretato e va dall’assenza di pericolo di una crescita esplosiva del debito, all’impossibilità di rifinanziamento del debito in scadenza.

Molto interessante la regola introdotta nel 1985 negli Stati Uniti. In quell’anno fu varata una legge che prevedeva di prefissare il disavanzo ammesso in ogni esercizio fino al raggiungimento dell’equilibrio di bilancio; in caso di mancato rispetto del sentiero di riequilibrio era prevista una riduzione automatica di alcune categorie di spesa.

La legge è andata in disuso negli anni in cui gli USA registrarono forti tassi di crescita, quando il bilancio tornò in disavanzo nessuno pensò di ripristinarla. Oggi, il rapporto debito/PIL è al 125 per cento.

Il Giappone ha il debito pubblico più alto del mondo, seguito da Sudan, Grecia, Eritrea. Perfino la potentissima Cina ha un debito pubblico altissimo, nonostante un tasso di crescita a due cifre, che è impensabile per qualsiasi paese europeo.

San Marino deve fare i conti con il suo passato: dieci anni dopo l’uscita forzata dalla comoda dimensione di paradiso fiscale, si è trovato con – 40 % di PIL. L’ultimo rapporto del FMI (settembre 2021), nonostante i danni della pandemia, prevedeva una crescita del 5,5% nel 2021 e un + 3,7% per il 2022. Ma anche qui probabilmente non sono stati calcolati i danni della quarta fase e la sua imprevedibile esplosione di contagi. In ogni caso, tra i principali punti di forza si sono rivelate le performances del settore industriale che già a fine 2020, nell’export, aveva superato i livelli pre-covid e più recentemente ha confermato il trend con il boom di occupati.

Sempre nello scorso autunno, il Fmi fotografava anche un consistente aumento del debito pubblico fino al 105% del Pil mentre a fine 2019 si attestava al 32%. Un balzo originato soprattutto dal sostegno al sistema finanziario e da interventi di risposta alla pandemia, come la cassa integrazione, le moratorie e l’estensione delle scadenze fiscali. Misure cruciali, secondo il Fondo Monetario, per evitare fallimenti e licenziamenti di massa. Giudicata ottima la campagna vaccinale, anche in termini di ripresa dell’economia, per la sua velocità e copertura. Nel suo report, il FMI sosteneva che il pagamento degli interessi del bond emesso sul mercato dei capitali è gestibile, ma senza misure ambiziose il rifinanziamento, previsto nel 2024, dovrà essere affrontato in una situazione molto precaria di bilancio.

In questo passaggio c’è l’aspetto positivo realizzato da San Marino con l’emissione di un Eurobond triennale da 340 milioni di euro, che è andato letteralmente a ruba sul mercato internazionale. Una cosa impensabile fino a un paio di anni fa.

Tuttavia, l’emissione sul mercato esterno se da una parte è andata a supportare la flessibilità finanziaria dello Stato, dall’altro aumenta i costi degli interessi al 5,1% sul totale delle entrate. Mantenere l’accesso al mercato internazionale sarà importante per ridurre i rischi di rollover, ma altrettanto importante sarà differenziare le fonti di finanziamento cercando di privilegiare quelle che costano meno in termini di interessi.

Bisogna dire che, in attesa della ripresa, molti economisti prevedono un rialzo dei tassi di interesse per i prossimi anni e questo avrebbe ripercussioni sull’incremento dei costi del debito.

Questo aspetto preoccupa molto i cittadini, che hanno visto di buon occhio la soluzione emersa in sede di legge di bilancio, lo scorso dicembre e confermata in commissione finanze lo scorso gennaio. Ovvero, una nuova emissione di titoli di debito, per 50 milioni di euro riservata ai risparmiatori sammarinesi. Quanto sia importante questa soluzione lo si evince considerando che le banche sammarinesi sono piene di raccolta interna. Le forme più semplici di investimento come i certificati di deposito fruttano al risparmiatore una percentuale tra lo 0,30 e lo 0,50 a seconda della durata del vincolo. I titoli di Stato dedicati al mercato interno potranno fruttare almeno un punto in più. Il che sarebbe molto vantaggioso per chi ha soldi a San Marino, ma anche per chi li ha fuori e potrebbe essere invogliato a portarli dentro. Anche per lo Stato, questo tasso di interesse sarebbe molto vantaggioso, perché assai inferiore al tasso pagato per l’Eurobond. Il risparmio accumulato sarebbe il miglior antidoto verso l’aumento dei tassi di interessi esteri. C’è solo una domanda ancora senza risposta: cosa stiamo aspettando ad emettere il decreto che crea questo titolo interno?

a/f