San Marino. Tumori in costante aumento, intervista alla Dottoressa Elena Mularoni

I numeri dei tumori sono in continua crescita anche qui a San Marino ed è un argomento di cui bisognerebbe imparare a parlare apertamente. Lo scrive a chiare lettere nell’intervista a se stessa Oriana Fallaci che l’Alieno, come lo chiamava lei, lo conosceva bene. “Avere il cancro – scriveva non è mica una colpa, non è mica una vergogna! Non è nemmeno un imbarazzo, visto che si tratta d’una malattia non contagiosa”. “Perdio, non è vero che dal cancro non si guarisce! Spesso si guarisce. E se non si guarisce, si dura. Col mio sono durata circa undici anni. E grazie agli anticorpi che tengo nel cervello potrei durare un poco di più”. E proprio di questa possibile guarigione abbiamo parlato con l’oncologa Elena Mularoni.

Dottoressa, i numeri del cancro non fanno che aumentare di anno in anno, per quale ragione?
“Se vogliamo partire dai numeri le dico che gli ultimi dati, quelli dello scorso anno, parlano di 3542 visite oncologiche che l’anno precedente si erano fermate a 2700. Mentre gli accessi al day-hospital sono 740 ematologici più 1550 quelli oncologici. Dunque sì, parliamo di numeri in costante crescita. Ci sono più persone che si ammalano perché è un orologio biologico, più si va avanti con l’età più il meccanismo delle cellule che cambiano si inceppa, si dice che gli ultrasessantacinquenni saranno quelli che si ammaleranno per il 30% di tumori. E tuttavia a fronte di un maggior numero di malati, i decessi non sono aumentati. Una volta una diagnosi di tumore metastatico significava 2 mesi di vita, ora si può guarire o sopravvivere per anni. Anche se siamo di fronte a un caso con metastasi proponiamo l’intervento o la terapia ormonale. Quando comunichiamo la diagnosi spesso le persone reagiscono male ma noi proponiamo contemporaneamente anche la soluzione terapeutica”.

Quanto conta la prevenzione nella guerra ai tumori?
“C’è il decalogo dell’Europa che mette in guardia dai rischi del fumo, della cattiva alimentazione, dell’alcool soprattutto per le donne, della eccessiva esposizione al sole, dell’essere sovrappeso e tutte le altre cose che sappiamo. C’è poi anche un fattore genetico che incide per un 5-7% sebbene a San Marino la statistica è più alta per il tumore alla mammella. Sarebbe interessante che un genetista facesse una indagine approfondita sulle ragioni di questa maggiore incidenza che potrebbe originare da un numero più elevato di matrimoni tra consanguinei che sfocerebbero in alterazioni genetiche che si possono incrociare. Mi preme però sottolineare che il cancro è una delle malattie con più alta variabilità, ognuno ha il suo, il futuro sarà proprio all’insegna di cure che verranno studiate sulla base delle caratteristiche genetiche di ciascuno. Purtroppo ho visto persone che né mangiavano troppo, né bevevano, né fumavano, ammalarsi comunque di tumore. Fermo restando che la prevenzione è ovviamente la prima cosa, diceva il mio professore che fumare è come passare davanti a un poligono di tiro più di una volta al giorno, il rischio di prendersi una pallottola è molto alto”.

Parliamo di un tipo di malattia che va curata anche dal punto di vista psicologico.
“Esattamente ma questo non vale soltanto per il tumore, vale a mio avviso per tutte le patologie. Noi all’interno dell’ospedale non abbiamo uno psicologo e così ci avvaliamo di quello dell’associazione oncologica. In passato tuttavia avevamo la figura dello psicologo ospedaliero e io credo che se ne senta ancora la necessità. Un supporto è sempre fondamentale, penso ad esempio ad un momento gioioso come il parto che sebbene appunto rappresenti forse il fatto più bello nella vita di una donna, necessiterebbe però di un supporto perché si tratta di un evento pur sempre stressante. Figurarsi l’importanza di uno psicologo quando si parli di pazienti oncologici. Credo poi si tratti di una figura fondamentale anche per il personale perché può capitare di perdere un paziente e di avere bisogno di un supporto. Un medico dedica la propria vita a quella degli altri ed è inevitabile che di fronte a certe cose si chieda se ha fatto tutto il possibile”.

Certo fare il medico non è un lavoro come un altro, è una missione, lo consiglierebbe a un giovane?
“Credo tutti i lavori siano diventati particolarmente difficili. Il mio io lo considero il più bello di tutti, non mi sono mai pentita di averlo scelto. Desideravo diventarlo sin da bambina, quando ho scelto l’Università ho taciuto ai miei genitori la mia intenzione di andare ad esercitare in Africa, altrimenti, pensavo, non mi avrebbero fatta iscrivere. Poi ho capito, quando mi è capitato di occuparmi per la prima volta di pazienti oncologici, di aver trovato qui la mia Africa”.
Olga Mattioli

Repubblica Sm