Qui di seguito l’estratto dell’arringa dell’avv. Filippo Cocco, difensore con Gian Nicola Berti di Stefano Ercolani, nell’udienza di Terza istanza avvenuta questa mattina di fronte al Commissario della Legge Emiliani. Ecco un estratto:
”Il nostro ricorso al giudice di appello è volto a chiedere perché sia stata secretata la denuncia di Simone Celli, perché sono secretati gli atti. Ma questa secretazione non è per tutti, infatti pare a pagina 6 dell’ordinanza che il querelante abbia avuto delle carte che noi non abbiamo avuto e delle quali non aveva diritto, a mio modo di vedere.
Il commissario inquirente (in questo caso Buriani ndr) non può dare delle carte al querelante senza darle anche a noi. E’ un’anomalia. Quello che ci ha stupito è la resistenza della procura fiscale sulla dissecretazione delle carte, perché – è stato scritto – vanificherebbe le indagini. Ma le minacce ci sono state o meno, non c’è molto da indagare. Dice Cocco.
E Cocco rincara la dose: ”Il dott. Ercolani ha subito una perquisizione a casa propria e le minacce non c’entrano nulla. E’ una vicenda diversa, il Segretario Celli deposita, nella sua veste di segretario, il 5 giugno una querela non troppo strutturata dove dice: ‘‘Dalla metà di febbraio fino alla data odierna, cioè 5 giugno, sono stato oggetto di attacchi e minacce volti a minare la mia attività politica ed istituzionale” sperando che non vengano confusi le critiche con le minacce non è stato denunciato il fatto. ”In particolare voglio portare all’attenzione dell’autorità giudiziaria – continua Celli – un clima intimidatorio attraverso il quale si intende reprimere usando minacce e pressioni (che non vengono specificate dice Cocco) le politiche intraprese da questo governo. Evidentemente la delega che ricopro all’interno del Congresso di Stato sono ritenuto un obiettivo sensibile che con le minacce si vuole influire sulla vita del governo. Gli atti descritti (ma fin qui non ha descritto nulla dice Cocco) minano la mia serenità in quanto mi fanno temere per la mia incolumità.”
E finisce così l’atto di querela – continua l’avv.Cocco – ma io non vedo il nome di Stefano Ercolani in nessuna parte di questo ”documento” che viene qualificato come querela ma che come giurista faccio fatica a etichettarlo tale. Signor Giudice questa non è una querela! Questo è un politico che manifesta un malessere. Mi sembra – continua Cocco – più una lettera ad un amico che una querela rivolta ad un magistrato per denunciare un reato. E sulla base di questo nasce un procedimento penale, con perquisizione a casa di Ercolani.
Il giorno dopo questo 5 giugno avviene il giuramento di calunnia più veloce della Repubblica, esattamente 24 ore dopo la presentazione della querela. Ma il giuramento di calunnia – aggiunge l’avv. Cocco – il diritto lo qualifica come un atto volto a confermare un atto di denuncia che si è formato precedentemente. (…)
Il giuramento di calunnia che si svolge di fronte al Commissario inquirente Buriani, invece è un lungo atto interrogatorio che nulla c’entra con l’atto di querela, ammesso che così ancora lo vogliamo chiamare, in cui il querelante comincia a rispondere alle domande del magistrato. Domande, però, che non capisco cosa c’entrino con la denuncia che è talmente generica da addirittura rendere non procedibile l’azione penale.
E il querelante arriva con delle chiavette e con delle registrazioni e dice che il 31 di Maggio ha ricevuto due messaggi vocali da Stefano Ercolani che dapprima non ci hanno fatto ascoltare. Quando siamo riusciti a sentirli – dice Cocco – sfido chiunque a dire che in questi ci siano delle minacce. Ercolani ha detto i termini ti prego e per favore almeno 30 volte all’interno di quella breve comunicazione. In alcuni momenti ha la voce rotta quasi dal pianto ed è un messaggio che dovrebbe generare imbarazzo perché è un uomo che sta quasi piangendo e sta supplicando. E’ questo il tono di quel messaggio. Altroché il carattere minaccioso!
In questo lungo interrogatorio, e scaturisce in un procedimento che non è mai nato a mio modo di vedere – dice Cocco, Celli racconta che essendo un po’ intimorito da precedenti incontri con Ercolani con lui presso la redazione di un giornale (probabilmente presso La Tribuna ndr) ha l’idea di registrare una telefonata che riceve da Ercolani a sua tutela. E nelle settimane successive ha ricevuto indicazioni da alcuni azionisti di Asset Banca, che conosce perché sono commercianti, dove gli viene detto che all’interno di Asset è stato parlato di usare contro di lui una vicenda relativa ad un suo ipotetico protesto di un assegno (Giornalesm.com che non aveva parlato di questa cosa con nessuno ha pubblicato di sua spontanea volontà una serie di articoli su un assegno imparato e non protestato a firma Simone Celli di una società dove lo stesso era amministratore, ma lo ha fatto perché Celli è un personaggio pubblico ed era giusto che i lettori venissero a conoscenza di questione così importanti relative ad un Segretario di stato. Probabilmente Celli si riferisce ad altri organi di stampa ndr) alcuni anni or sono. Per la verità – dice Celli nell’interrogatorio – non sono stato protestato.
Questo secondo Celli faceva parte di un piano ordito contro di lui per minare la sua credibilità di Segretario di Stato. Nell’interrogatorio dice: ”Si trattava di giornalisti, professionisti ed ex politici. Il loro tono, tuttavia, non era come detto dal commerciante ma avevano fatto chiare minacce.”
Dove sono queste chiare minacce? afferma l’avv.Cocco. ”Non ci sono, almeno noi non le vediamo” dice Cocco e, continua: ”Questo procedimento penale, signor Giudice, nasce da un provvedimento inidoneo che è una lettera di sconforto ad un amico non un atto di querela ad un magistrato! Non è un atto che consente al magistrato di capire chi sia chi commette il reato. Non si capisce se sono richieste o se sono prodotte queste registrazioni. Negli atti del giudice di Appello mi pare di capire che sono registrate anche altre conversazioni, anche con un avvocato. Ma non sappiamo che cosa viene detto, se assumono o meno prova di reato. Sappiamo solo – continua Cocco – che il Segretario di Stato si presenta dal Commissario Buriani con delle chiavette con delle registrazioni tra privati che non sono idonee a generare un procedimento penale. Invasivo, con perquisizioni della Polizia Civile a casa di Ercolani che sequestrano telefoni e computer”
”Alla ricerca di cosa? – dice Cocco – non lo sappiamo. Se minaccia c’è stata mi spiega signor giudice che cosa c’entra il computer con la posta elettronica di Ercolani? Io e il mio collega siamo stati invitati dal commissario inquirente, quasi convocati d’urgenza, nel suo ufficio il giorno successivo il sequestro, il quale ci ha detto di aver necessità di avere le password per accedere alla posta elettronica di Ercolani, quelle di Gmail. Ci guardiamo e chiediamo questo cosa c’entra? Il dottor Ercolani ha dato la disponibilità per andare a frugare nella sua posta. Cerchiamo di capire il senso di questa domanda e lui ci risponde che si sta attentando i poteri pubblici, anche perché noi abbiamo in mano solo il provvedimento di sequestro. Ecco perché poi – continua Cocco – ci stupiamo di tutta questa segretezza invocata, dopo quando leggiamo.”
”Ercolani consegna i codici della sua posta elettronica. Eppoi cosa succede? Che la Procura fiscale si agita e si attiva per far si che il giudice d’appello non dissequestri nulla. Anzi che non ci faccia neppure sapere che cosa c’è scritto in quella presunta denuncia. Ora io vorrei capire – dice Cocco – che cosa c’entra la posta elettronica di Ercolani con le minacce e le pressioni su Celli? Non c’entra nulla! E’ un atto di indagine – dice Cocco – inappropriato con il reato costruito? (perché secondo Cocco non è denunciato) dal Commissario inquirente e non può essere fatto.
E perché poi – dice Cocco – si lamenta la procura fiscale di quello che chiede la difesa? Il giudice d’Appello, correttamente, consente da quella casella di posta elettronica, eventualmente, vengano estratti solo gli atti di cui si parla di Celli. E non tutto il mondo Stefano Ercolani.
Perché questo non va bene? Cosa si cela dentro quella quantità di posta? Niente. Niente che sia attinente alla denuncia di Celli. Non si può andare a frugare nel privato della gente senza avere un valido motivo. Il magistrato lo deve impedire e non deve essere colui che genera questa attività.
Le perquisizioni ed i sequestri si fanno in riferimento alle prove. La perquisizione è un atto di acquisizione delle prove. Giuridicamente è un mezzo di ricerca della prova. Il sequestro prevede un’altra finalità, ma questo è un probatorio cioè vengo nella tua posta elettronica – dice Cocco – che supporta una non denuncia in questo caso.
Ma li ci dobbiamo limitare. Io vorrei comprendere perché tutti si agitano nel far si che la richiesta della difesa di limitare a questo, ovvero che la richiesta della difesa venga respinta. Non è possibile che il Commissario inquirente possa fare quello che vuole, senza dire niente a Ercolani, in un ordinamento giudiziario che prevede che le prove si formino nella fase inquirente; in indagine alla nostra presenza.
La regola è la non secretazione, la secretazione è un’eccezione, anche se oramai..
Il giudice d’appello ha correttamente derubricato quell’ipotesi di reato. Ammesso che quella denuncia possa originare un procedimento penale, e per noi è improcedibile per mancanza di valida querela, il 346 cp è già stato escluso del giudice di appello.
Pertanto si chiede di dichiarare inammissibile il reclamo, il ricorso in terza istanza avanzato dalla procura fiscale. In subordine dichiarare improcedibile l’azione penale per mancanza di valida querela. In ulteriore subordine di dichiarare improcedibile l’azione penale perché il fatto come qualificato non è previsto dalla legge come reato, conclude l’avv. Cocco.