Un anno fa, il 27 febbraio, San Marino registrava il primo caso di contagio da Coronavirus. La Cina aveva da poco celebrato il suo Capodanno, inaugurando l’anno del Topo, con la sua simbologia potente che richiamava pestilenza e sciagura. Ma chi ci poteva credere, ormai nel pieno del terzo millennio? Eppure, una delle più grandi paure medievali, quella dell’impotenza verso la malattia e la morte, stava diventando parte integrante della sua interpretazione nel mondo intero, che di lì a pochi mesi risultava invaso, al di là dei mari, dei monti, dei deserti, da un nemico piccolo, invisibile, replicante all’infinito. Letale.
Il 9 marzo, San Marino decise il lockdown. Non si può non ricordare con commozione quei giorni, fatti di dolore, di solitudine, di vite sconvolte, mentre l’ospedale si riempiva di ammalati, sempre più gravi. Non si può non ricordare l’affetto che pian piano cominciò a circondare il personale sanitario e parasanitario, tutti i giorni in prima linea ad interpretare le speranze dei cittadini per la salvezza di congiunti e di amici. Non si può non ricordare l’afflizione, lo sconforto, lo scoraggiamento che avvolgeva i cittadini quando nelle strade deserte passavano le macchine della polizia con l’altoparlante acceso che invitava: state a casa! Scioccante la visione del Pianello popolata solo dai fantasmi di quello che era stato negli anni passati il giorno di Pasqua, la cerimonia d’ingresso dei Reggenti, la domenica dell’Arengo. La mascherina come una barriera tra noi e gli altri. Tra noi e il male.
Così per quasi due mesi. Il 5 maggio, San Marino allentò le misure restrittive e piano piano, con mille precauzioni, riprese la vita, il lavoro, la scuola. Non si poteva ancora pensare alle vacanze, ma quel surrogato di libertà, aveva riaperto i cuori alla speranza. In autunno, una nuova doccia fredda, con i contagi che avevano ricominciato inesorabilmente a crescere, tra alti e bassi. Il Natale come la Pasqua: in solitudine.
Dopo un anno, a nessuno sfugge che il virus è ancora un feroce nemico: dall’inizio dell’epidemia a San Marino il Covid ha falciato 74 persone e ne ha contagiato 3741, di cui 3275 guariti. Un dato incredibile, del tutto impensabile, un anno fa, quello dei tamponi. Che superano i 42mila. Nelle prime settimane di contagio si contavano poche decine al giorno. Bisognava andare fuori territorio per processarli e bisognava aspettare anche diversi giorni per avere i risultati. Poi San Marino si è attrezzato e oggi è in grado di analizzare anche oltre 400 tamponi al giorno, con risposte in meno di mezz’ora. Non solo, ma riesce a gestire a casa propria circa 400 positivi che non abbiano sintomi gravi. La Sanità sammarinese, in un anno, ha fatto miracoli.
Il problema è che siamo in mezzo alla terza fase, peggiore delle altre due, più virulenta e capace di infettare anche i più giovani e perfino i bambini. Gli isolamenti domiciliari sono tantissimi, il numero dei nuovi positivi è preoccupante, l’ospedale ha dovuto interrompere l’operatività di alcuni reparti per rafforzare le aree Covid. Ancora una volta, il sistema sanitario nazionale, pur tra le tante difficoltà, sta fronteggiando una prova senza precedenti.
Abbiamo il vaccino, la campagna vaccinale comincerà ad entrare nel vivo già da oggi. Ma il vaccino non basterà a fermare la circolazione del virus se ognuno di noi non si sente investito del senso di responsabilità. A leggere certi commenti suo social, viene quasi il dubbio che la gente ancora non abbia capito cosa abbiamo passato e i rischi che abbiamo di fronte. La paura delle prime settimane scalzata dalla rabbia e dall’arroganza, sentimenti con cui non si costruisce niente. Si distrugge.
Per fortuna, la Cina ha dato inizio qualche settimana fa all’anno del Bue, con ben altra simbologia rispetto a quello precedente. Il bue è un animale forte, rappresenta il simbolo della risposta alla disgrazia, il riscatto dai momenti difficili. Non sappiamo se sia vero, ma a noi piace sinceramente crederlo.
a/f