San Marino. Un “canicidio” vale 1.000 euro. Una brutta storia dove ci è scappato il morto e dove tutti hanno perso

cane morto tedeschiIl caso del pastore del Caucaso morto a causa del calore è arrivato all’epilogo.

Il tribunale sammarinese ha emesso una condanna pecuniaria di 1.000 euro più le spese della perizia degli esperti sul canide.

La vicenda

Più di tre ore sotto al sole, dentro a un’auto lasciata da una coppia di tedeschi in un parcheggio di Città.

In un primo momento l’animale sembrava aver risposto bene alle cure effettuate durante le manovre di pronto soccorso contro lo stato di disidratazione.

A estrarlo dall’automobile rompendo il vetro, ci aveva pensato la Polizia civile, accorsa con un veterinario. Dopodiché il cane era stato trasportato in una clinica veterinaria di Dogana.

La coppia di turisti, dopo ore di interrogatorio, era però riuscita a rientrare in possesso del pastore del Caucaso e già dal giorno successivo lo aveva cercato di trasportare in Germania, a Dresda, dove avrebbe proseguito la riabilitazione. Ma da quella clinica tedesca il povero animale non è più uscito. Era quindi scattata la denuncia dell’Apas, contro le autorità per il mancato sequestro del cane e contro i proprietari per incuria omissione di custodia.

Le cure ricevute in Repubblica, evidentemente, non sono state sufficienti e probabilmente l’animale era in condizioni troppo gravi per riuscire a sopravvivere allo shock termico, alla disidratazione e all’interminabile viaggio verso casa (dodici ore di viaggio in auto, in agosto, per circa 1.200 chilometri). L’Unità sanitaria veterinaria e di igiene alimentare sammarinese “ha prontamente soccorso l’animale prestando allo stesso -si legge in una nota alla stampa dell’Uos inviata ai media a seguito del salvataggio del cane- tutte le cure del caso affidandolo successivamente a una struttura professionalmente adeguata alle condizioni in cui versava il pastore del Caucaso”.

La nota proseguiva spiegando che l’Uos “ha posto in essere tutte le iniziative utili per soccorrere l’animale, fermo restando che a seguito di un colpo di calore, è sempre possibile l’insorgenza di condizioni mediche potenzialmente pericolose anche a distanza di tempo”. Quindi erano consapevoli del pericolo che stavano facendo correre al cane.

“L’Uos sanità veterinaria e igiene alimentare ritiene di aver operato con la massima tempestività e diligenza essendosi adoperata per prestare le possibili cure del caso e avendo collaborato con gli ausiliari del giudice per l’accertamento dei fatti che hanno determinato l’evento e che saranno oggetto di separata valutazione dell’Autorità giudiziaria”.

Apas (la protezione animali del Titano) aveva tentato anche le vie legali perchè l’animale non fosse restituito ai proprietari. “L’Istituto sicurezza sociale per il tramite del dipartimento prevenzione, Uos sanità veterinaria e igiene alimentare, offre, e continuerà a offrire, la propria collaborazione all’Apas destinando a essa risorse economiche e materiali oltre che umane compresa la professionalità dei suoi operatori a tutela della salute degli animali -proseguiva la nota- nel caso di specie l’Iss non assisterà passivamente qualora venissero intraprese azioni legali nei confronti di una delle sue unità operative dai soggetti citati, confermando comunque sin da ora quanto dichiarato in premessa circa la presente e futura collaborazione con l’Apas”.

Una brutta storia, dove ci è scappato il morto e dove tutti hanno perso.

La Tribuna