SAN MARINO. “Un film potrà rompere la congiura del silenzio?”….di Don Gabriele Mangiarotti

 

Sono stato a Roma per la prima del film «Unplanned», la storia vera di Abby Johnson, una attivista pro aborto, che, dopo avere assistito in diretta a un aborto, decide di cambiare la direzione della sua vita, promuovendone la difesa con tenacia e coraggio.

Avevo visto più volte questo film, nella versione in lingua inglese, con i sottotitoli, ma questa volta, con l’ottimo doppiaggio promosso da Federica Picchi, è stata una esperienza straordinaria e coinvolgente.

La sala del Cinema Adriano, a Roma, in Piazza Cavour, era stracolma, al punto di dovere aprirne un’altra, date le restrizioni del Covid.

Alla fine della proiezione coloro che hanno promosso questa rappresentazione, e la sua diffusione, sono saliti sul palco a raccontare il senso della loro partecipazione. Ed è stato un momento eccezionale.

Ho potuto anch’io raccontare quanto sta accadendo a San Marino per la difesa della vita e il contrasto al progetto di rendere l’aborto un diritto per le donne, con un Referendum che, se venisse approvato, realizzerebbe una pessima legge.

Sì, perché – nonostante le smentite degli promotori di tale proposta – l’aborto potrebbe essere attuato fino al termine della gravidanza, adducendo vaghe ed equivoche motivazioni.

Spero che questo film non solo si possa vedere qui in Repubblica, ma soprattutto che contribuisca ad aprire gli occhi a tante persone sulla violenza della pratica abortiva, autentica soppressione di un essere umano indifeso, e il tutto realizzato a prezzo della menzogna sulla vita del concepito. In questo senso, il film mostra con chiarezza tutta la serie di false affermazioni che la protagonista, prima della sua svolta pro vita, propone alle tante giovani che si rivolgono alla sua struttura.

Bisogna sollevare la cappa del silenzio che, anche qui, sembra avvolgere la promozione della vita. Bisogna che le ragioni siano mostrate e che l’informazione, soprattutto il servizio pubblico, permetta che tutti possano ascoltare le ragioni di chi difende la vita. La prima trasmissione televisiva ha registrato l’interesse del pubblico, che va certamente assecondato.

Abbiamo bisogno di ritrovare la passione per comunicare, per incontrarci, per dare ragioni, per realizzare gesti di responsabilità, per non delegare a nessun potere la difesa di quanto abbiamo di più caro.

Protagonisti del bene e del vero, testimoni di quella verità che rende liberi, coraggiosi nel mostrare quanto di più caro sostiene la nostra vita.

Perché non ci accada quanto testimonia un grande pensatore europeo, Roger Scruton (anch’egli ricordato dal bravo giornalista Giulio Meotti): «“Arrivai in Polonia nel 1979: il paese stava ribollendo a causa dell’elezione di Karol Wojtyla al trono di San Pietro” ricorderà Scruton. “C’era il Papa polacco, c’era questa rinascita del sentimento religioso, c’era la sensazione che qualcosa stesse cambiando, che il terreno cominciasse a tremare. Ma scendendo dal treno a Cracovia, il silenzio totale. E’ stata la cosa che mi ha colpito di più. Dappertutto, silenzio. Se andavi in un bar o in un ristorante, non c’era un vero rumore. Il rumore della vita umana si era spento. Ho visto volti che non sorridevano se non sarcastici, che non ti guardavano se non sospettosi, che non parlavano se non a sussurri. Era come se l’intero paese fosse minacciato da un nemico segreto e nessuno sapeva da dove sarebbe venuto il primo colpo”».

Perché non sia il silenzio complice di chi non ama la vita a dominare nella nostra realtà, prendiamo la parola e l’iniziativa.

Don Gabriele Mangiarotti

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