San Marino – Una multa per dire la verità … di Achille Campagna

Le mie preferenze personali contano poco, però questa suona oggettivamente male (Art. 4 del nuovo decreto sull’emergenza COVID) :

– i « dati epidemiologici [sono] di proprietà dell’ISS »
direi un’affermazione in bilico fra Platone e l’Avaro di Molière, l’informazione è mia e me la tengo

io…

Ma scusate, lo Stato non è la collettività ? A che cosa serve raccogliere dati su di un epidemia se debbono restare gelosamente reclusi nei forzieri dell’ISS ? È il concetto di proprietà del dato che mi sfugge : se creo un database e sono un privato o un’azienda posso decidere se darvi accesso, ma la pubblica amministrazione opera sotto il principio di trasparenza. Almeno in teoria.

Quindi solo l’ISS può decidere se, quando, come e soprattutto cosa divulgare. Alla faccia dell’open government.

Ma veniamo alla libertà di stampa.

Innanzitutto mi viene il dubbio che le notizie sull’epidemia da COVID-19 non siano di interesse pubblico, perché se lo fossero godrebbero della massima tutela possibile, leggasi art.19 del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici del Cittadino. Forse avere notizie sull’epidemia non ha il pregio di mettere tutti noi nella condizione di compiere scelte consapevoli, come ad esempio decidere quando e quanto uscire di casa, quali luoghi frequentare per non contrarre l’infezione, o per non contaminare gli altri, etc.

Ma allora sbaglio a dire in giro (su una piattaforma che fornisce formazione online) che l’informazione, quella veritiera, tempestiva, inclusa quella dei whistleblowers, quando riguarda argomenti di interesse pubblico, va incontro a pochissime limitazioni, quali soltanto la salute pubblica o la sicurezza nazionale. Ovviamente in casi di temporaneo e concreto pregiudizio.

La giustificazione palesata dalla norma è poi un capolavoro di qualunquismo, ed è qui la scivolata, il suo cedimento strutturale: l’ « omogeneità ed ufficialità » dei dati, quindi non la tutela della salute pubblica, della sicurezza nazionale, dell’ordine pubblico, ma un’esigenza enormemente recessiva rispetto alla freedom of speech del Covenant.

D’altra parte, sarebbe difficile venire a raccontare che i dati epidemiologici sono di fatto censurabili per tutelare la salute pubblica, essendo vero l’esatto opposto.

Il cittadino di uno stato democratico ha diritto di sapere tutto e le emergenze non possono giustificare interferenze rispetto ai diritti fondamentali per esigenze di « omogeneità » e « ufficialità », l’importanza e la criticità delle situazioni non devono essere mai usate come una scusa per limitare la libertà di stampa, all’opposto devono promuoverla.

È una scelta che i nostri governanti devono cominciare ad interiorizzare perché errori del genere dimostrano un’involuzione allarmante ed un deficit in termini di stato di diritto tale da mettere in dubbio quella profonda condivisione dei valori democratici che diamo troppo spesso per scontata.

Avv. Achille Campagna