San Marino. Una sanità sempre pubblica, universale e gratuita, ma con l’obiettivo che si rimetta in salute … di Alberto Forcellini

Sparare sulla sanità è come sparare sulla Croce Rossa, perché tutti la vedono e tutti la vivono da quando si nasce a quando si muore. Facile fare populismo, demagogia, strumentalizzazioni. Si trovano sempre seguaci. Più difficile fare una rivoluzione complessiva, ma ragionata. Soprattutto si si hanno ben presenti i guasti provocati da oltre trent’anni di conservatorismo politico che non ha mai permesso di toccare nulla, neppure gli incapaci.

Che sia solo incapacità, o qualcos’altro, l’ha messo a nudo il lavoro dell’audit, presentato in commissione IV. Considerata la riservatezza degli atti, depositati in tribunale, sono state rese pubbliche poche cose. Ma bastano. A cominciare dal progressivo e costante aumento dei costi della sanità: 60 milioni in più negli ultimi anni, senza aumento di servizi. Un bilancio in costante e progressivo disavanzo che per diversi anni non è stato firmato dai sindaci revisori. La “non opinion” ha un significato pesante quando riguarda la gestione dei conti pubblici. Significa: spese senza copertura. Alle quali è stato posto riparo nel bilancio 2020.

Poi c’è il disavanzo dei fondi pensione, cominciato ormai qualche anno fa, al quale nessuno ha mai posto rimedio e che continua a pesare in maniera progressiva sul bilancio dello Stato. Il Casale la Fiorina, acquistato dall’ISS nel febbraio 2019, sul quale l’ISS non ha possibilità di controllo riguardo alla gestione e alle spese. Medici liberi professionisti che non hanno mai pagato l’imposta prevista per legge. Una galassia di tariffe diverse nei contratti di lavoro, spesso validati anche senza firma. Strumentazioni medicali acquistate non si sa da chi, mai usate, ma regolarmente pagate. Sul fronte delle rivalse, cioè dei rimborsi a cui ha diritto l’ISS da parte delle assicurazioni, sono state trovate 831 posizioni aperte. E rimaste lì, nell’immensa valanga di sprechi.

A sentire gli esperti, questa sarebbe solo la punta dell’iceberg, che già di per sé sarebbe grottesca se non fosse un macigno per chi deve intervenire a sistemare le cose. Ma se la sanità sta male, va curata, non certamente con una Tachipirina e uno sciroppino.  Fuor di metafora, non basta provvedere con qualche semplice colpo di maquillage, tanto per dare un contentino a destra e a manca. Occorre incidere sulle scelte che andranno a disegnare il futuro.

In quest’ambito è attesa per oggi la conferenza stampa del direttore generale Francesco Bevere, che ha scelto di non parlare in pubblico finché non avesse avuto in mano qualcosa di concreto. Voci di corridoi anticipano che avrebbe la soluzione per i centri sanitari.

Ma i problemi sono tanti e spesso incancreniti. A cominciare dalla struttura, ormai al limite della fatiscenza con costi milionari per la manutenzione, le riparazioni e gli sprechi energetici. Chi pensa che il progetto per un nuovo ospedale sia solo un capriccio e non una necessità urgentissima, non pensa ai rischi ormai giornalieri. Dal punto di vista gestionale, non è mai stato previsto un sistema di controlli, né un sistema di gare d’appalto. Dalla consegna della frutta per la cucina ospedaliera, ai farmaci, a tutti gli altri acquisti, si procede con convenzioni non aggiornate da anni, che non tengono conto delle dinamiche dei prezzi, né dell’evoluzione delle esigenze.

La sanità incide sul bilancio dello Stato per 86 milioni all’anno, a cui si aggiungono 38 milioni per la previdenza sociale. Vale a dire che un euro su due pagato da ogni cittadino tra imposte dirette e indirette, serve a finanziare il sistema sanitario e sociosanitario. Oltre che eliminare gli errori, bisogna aumentare le entrate. Se ne parla da più di trent’anni, ma senza effetti apprezzabili.

Per attirare pazienti esterni occorrerebbe una struttura ospedaliera tipo albergo cinque stelle, che non c’è. E occorrono specialità d’eccellenza. Visto che professionisti di eccellenza ci sono, da qualche parte si può cominciare. Di qui è nato il progetto di chirurgia robotica, che non è qualcosa da barzelletta, ma una tecnica che si avvale di tecnologie avanzate, che molti ospedali usano ormai da anni, e che San Marino non ha ancora. Un passaggio che dovrà essere il primo di una lunga serie già nell’agenda della politica e in quella del dg Bevere. Entrambi i soggetti impegnati sia sul contenimento dei costi sia sul mantenimento di professionisti in grado di garantire autorevolezza, perché questa è l’unica cura per fare abbassare la febbre di una sanità che vuole rimanere pubblica, universale e gratuita. Ma anche efficiente e garantista.

a/f