San Marino. Una sola domanda ai mercenari: “Chi pagherà un miliardo di debito?” … di Alberto Forcellini

 

Un fastidioso graffiare di unghie sugli specchi. Già perché ne abbiamo sentiti diversi che, nel dibattito consiliare sulla relazione della Commissione d’inchiesta, si sono arrampicati sugli specchi. Ma per riuscirci, bisognerebbe essere delle lucertole. Oppure Figli di Dio.

Non ne abbiamo visti molti di figli di Dio nella politica degli ultimi anni. Al contrario, si sono visti molti personaggi sensibili ai soldi e al potere. Non si poteva avere l’uno senza l’altro e quindi, chi aveva soldi da spendere, li elargiva in maniera mirata a chi poi gli garantiva mano libera in tutte le operazioni, nelle vendette, nelle nomine.

La relazione è dirompente, un vero spartiacque tra il prima e il dopo, anche se non punta il dito contro tutte le responsabilità. Questo il nodo, o forse la grande mediazione, per arrivare ad una sintesi unica, firmata da tutti i commissari, di maggioranza e di opposizione. Pur nella puntigliosità e nella precisione della ricostruzione dei fatti, le responsabilità politiche enormi della passata legislatura sono sfumate nella chirurgia asettica della ricostruzione cronologica.

Un altro elemento importante che emerge dalla relazione è la trasversalità, ovvero quella linea di contiguità con il gruppo del malaffare che attraversa tutti i partiti. Tutti, tranne Rete, che comunque era in Consiglio dal 2012, ma che non si è mai fatta incantare dal canto delle sirene.

E poi c’è l’informazione, ovvero il lavoro che fanno i giornali e i giornalisti per comunicare le notizie. A parte la vergogna sul silenzio quasi assoluto che si è steso come un velo nero su tutta la Repubblica subito dopo la lettura della relazione, c’è stato chi anche in questa occasione ha voluto scaricare nefandezze su quanti per anni hanno denunciato misfatti e turpitudini. Non c’è da stupirsi. Per anni quello stesso giornale, quello stesso giornalista, si sono prestati come il braccio armato del gruppo di potere grandoniano e del tribunale per abbattere gli avversari. Veri e propri mercenari, come del resto lo sono stati anche molti politici, esperti, simpatizzanti e compagnia cantante. Non c’è che dire, l’organizzazione era perfetta, non lasciava niente al caso.

Va reso atto al direttore di questo giornale, Marco Severini, di aver sfidato l’intera organizzazione pubblicando senza censura tutto ciò che pian piano stava emergendo, dalle ordinanze Morsiani alla telefonata tra Marino e Nicola.

Adesso che i riti della politica si sono consumati con un dibattito in cui tutti si sono fatte le proprie ragioni, rimangono sul tappeto alcune domande.

La prima: ci sarà il coraggio di mettere sul piatto tutte le responsabilità politiche? Perché se è vero che i profili penali dovranno essere esaminati dal tribunale, la politica non può esimersi dal tirare le somme e prendere le distanze da chi si è rivelato più sporco del bastone del pollaio e che magari, fa ancora finta di non avere visto, né sentito.

Seconda domanda: ce la farà il tribunale a risollevarsi dalla palude in cui è sprofondato e fare davvero giustizia?

Terza domanda, forse quella che sta più a cuore ai cittadini: chi paga il miliardo di debito generato nella passata legislatura? (fino al 2016 il bilancio dello Stato era in rosso per poco più di 300 milioni, che non sono pochi, ma non sono impossibili da ripianare).

Un miliardo, e anche più se si considerano le conseguenze provocate dal danno d’immagine e dalla fuga di capitali, signori mercenari della nebulosa grandoniana: chi li paga?

A/F