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  • San Marino. Università “okkupata”… Solo “liberandola” potrà sfruttare la sua grande competitività nel mercato globale della formazione … di Enrico Lazzari

    So di essere quasi ossessivo sul tema. Ma lo sviluppo, il modello di sviluppo da perseguire per il risanamento prima e il consolidamento poi dell’economia, del sostentamento delle casse pubbliche sammarinesi, non è uno dei temi: è il tema!

    Da ciò, infatti, dipende il futuro di San Marino, dal sostentamento finanziario dello Stato al benessere che ricade sulla popolazione. Su cosa puntare, quindi, per garantire l’indipendenza e il benessere futuro della più Antica Terra della Libertà? All’apparenza, nessuno lo sa. Il governo sembra navigare a vista, con ogni Segreteria di Stato che persegue obiettivi diversi e non collegati fra loro in un progetto, in un piano globale.

    Le opportunità -talune servite su un piatto d’argento dalla difficile situazione europea- non mancano. Ma nessuno -nel governo, in maggioranza, ma neppure nell’urlante opposizione- sembra considerarle. Ho evidenziato alcune nicchie importanti su cui  puntare (energia, fiscalità, burocrazia, finanza decentralizzata, DeFi, e relativi asset digitali, intelligenza artificiale…). Non ho mai approfondito, però, il ruolo importante che potrebbe avere l’Università in un piano sinergico.

    L’Ateneo sammarinese è come una Ferrari, alla quale, però, nessuno ha mai messo il carburante per poterla vedere sfrecciare. E pensare che il suo potenziale è enorme, grazie ad una norma inserita ad hoc nella Riforma italiana Gelmini del 2010. E su questa va aperta una parentesi…

    Era la fine del primo decennio del nuovo millennio e la politica sammarinese era concentrata sulla spinosa trattativa per la definizione dell’Accordo italo-sammarinese contro le doppie imposizioni, quando lo stesso obiettivo era stato già centrato con l’Ocse.

    All’epoca il Titano, formalmente, era praticamente fuori dalla black-list, ma il nuovo contesto internazionale aveva determinato un forte di competitività del sistema San Marino.

    Gabriele Gatti, all’epoca Segretario di Stato alle Finanze e al Bilancio, vista la difficoltà nei rapporti con due pezzi da novanta del governo romano (Giulio Tremonti e Gianfranco Fini), decise quindi di incontrare, informalmente, ad Arcore, l’allora Presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi, con il fine di illustrargli le difficoltà sammarinesi e individuare, con il famoso interlocutore, una soluzione capace di garantire sia l’Italia che la Repubblica di San Marino relativamente alle diverse esigenze reciproche.

    In pratica Gatti, trovando due “nemici” nei ministri dell’Economia e degli Esteri italiani (Tremonti per -si dice- la revoca improvvisa e non giustificata di un incarico, occorso anni prima; Fini per il dietrofront di Fabio Berardi su una normativa precedentemente concordata fra i due, sembra per l’allora opposizione del DDC, ovvero degli ex democristiani “robertiani”) ben pensò di “scavalcare” gli stessi rivolgendosi al loro vertice. E ci riuscì.

    In qualche ora di amichevole confronto, Gatti -confermando la svolta in senso di trasparenza e collaborazione del Titano- tornò con tre precise rassicurazioni date da Berlusconi verso San Marino. Due presto finalizzate e una ancora, nonostante le basi posate in quel summit informale, ancora da concretizzare.

    Infatti, il Premier rassicurò assumendosi tre precisi impegni: intercedere con Tremonti per applicare alcuni modifiche al testo dell’Accordo contro le doppie imposizioni, poi applicate prima della sigla del testo; inserire alcuni concetti nella prossima riforma Gelmini della Pubblica Istruzione, assai favorevoli per lo sviluppo e la concorrenzialità verso le strutture italiane dell’Ateneo sammarinese; e, infine, gettare le basi per un vasto accordo con Banca d’Italia che potesse soddisfare sia le esigenze italiane che quelle sammarinesi, accordo ancora inspiegabilmente non sottoscritto.

    La Riforma-Gelmini, così, come rassicurato da Berlusconi a Gatti, equiparò in maniera netta e chiara le lauree conseguite all’Università di San Marino con quelle conseguite in Italia. E proprio qui sta l’aspetto che rende l’Ateneo biancazzurro estremamente competitivo sul mercato italiano della formazione universitaria.

    Difatti, la stessa riforma-Gelmini ha introdotto in Italia una lunga serie di lacci e lacciuli burocratici che hanno complicato non poco l’attività delle strutture italiane. Lacci e lacciuoli che, invece, essendo regolata da una diversa normativa, più snella, non gravano sull’Università di San Marino. Facciamo un esempio per meglio comprendere: se una qualunque università italiana volesse avviare un nuovo corso, dovrebbe adempiere ad una lunga serie di obblighi e ciò rappresenterebbe un costo importantissimo, di oltre 500mila euro, più l’organizzazione vera e propria di docenti e strutture, per ogni nuovo corso introdotto, contro i pochi spiccioli necessari sul Titano.

    Nonostante questo enorme vantaggio, però, l’Università sammarinese non ha saputo sfruttare -all’apparenza non ci avrebbe mai neppure provato nessuno- la sua indiscutibile competitività che le permette, nel “mercato” peninsulare -e non solo- della formazione, di gareggiare contro avversari, competitor, pesantemente zavorrati.

    Arroccata all’estrema sinistra -almeno apparentemente, ad una analisi sommaria, “vicina” alla italiana Fondazione Gramsci- l’Università di San Marino ha saputo dare ben poco, fino ad ora, allo sviluppo della Repubblica di San Marino, nonostante il suo enorme potenziale. Eppure, il suo ruolo potrebbe essere funzionale, complementare, ad ogni piano di sviluppo o risanamento economico. Certo, non il cardine, non il fulcro su cui basare il rilancio economico, ma quanto mai importante.

    Così, purtroppo, non è stato e non è. E non sarà senza la definizione di un preciso piano di sviluppo a 360 gradi e senza -sembrerebbe- un ridimensionamento pesante del “peso” e del ruolo, al suo interno e nella sua organizzazione, di una filosofia ancora troppo ancorata ai dogmi di una sinistra per certi versi nostalgica ed estrema che, per “sopravvivere”, può permettersi tutto tranne sviluppo economico e benessere diffuso…

    Enrico Lazzari

     

    Enrico Lazzari