San Marino. Utero in affitto, parla don Mangiarotti: “Mi auguro che San Marino si opponga a pratiche disumane e che rendono l’uomo un oggetto”

All’indomani della sentenza della Corte Europea con la quale viene dato un colpo alle pratiche di utero in affitto (vedi articolo nella pagina a fianco, ndr), abbiamo intervistato don Gabriele Mangiarotti.

Don Gabriele, c’è chi sostiene che tutti abbiano il diritto alla “genitorialità”. E’ così?

“«Siate fecondi e moltiplicatevi»: inizia così l’avventura dell’uomo e della donna nella Scrittura. È la benedizione data alla prima coppia e che viene trasmessa a tutte le generazioni future. Per questo, nell’Antico Testamento, la sterilità era considerata una grave disgrazia. Paternità e maternità sono una straordinaria caratteristica dell’essere umano, ed è forse per questo che la Chiesa chiede a noi consacrati di fare questo grande sacrificio, l’offerta di quanto di più prezioso ci sia nella esperienza dell’essere uomini. Ma questo sacrificio non ci toglie la caratteristica di essere «genitori», nel senso più profondo del comunicare la vita nel suo significato. E devo dire che questa esperienza di «genitorialità» mi ha fatto incontrare e mi ha messo in comunione con molti padri e madri che hanno generato l’umano nei figli, loro e altrui.
Chi non ha avuto figli «biologici» non per questo ha perso quella caratteristica di generatore dell’umano che li ha resi personaggi interessanti e affascinanti. Con questo voglio dire che più che un diritto «fisico-biologico» è il dovere di ogni uomo e donna che vive con passione la propria umanità”.

Le donne però obiettano che del proprio corpo possono fare ciò che vogliono. Cosa risponde?

“Mi pare che la logica dell’avere, più che quella dell’essere, sia all’origine della schiavitù moderna. È una posizione irrazionale, di chi non riconosce che alla propria origine sta un dono, l’amore dei genitori, e non una proprietà. Siamo persone, non cose”.

E’ possibile impedire a una donna di offrire il proprio utero?

“Se riflettessimo sulla natura dell’amore, della maternità e paternità, forse non giungeremmo a fare affermazioni che riducono l’essere umano a uno strumento di produzione (e neppure più di piacere), rendendo ciò che fa grande la vita uno strumento di possesso e di mercificazione. Basterebbe guardare alle indagini sul fenomeno dell’«utero in affitto» per ritrovare storie di sfruttamento, di solitudine, di disperazione. Un recente documentario, «Eggsploitation», svela la tragedia di tale pratica e la speculazione cui sono sottoposte le donne, per lo più in paesi poveri”.

Che differenza c’è a suo avviso fra la libertà di prostituirsi e libertà di offrire l’utero a pagamento?

“Non si può parlare di libertà dove manca la verità dell’essere umano: per esempio una persona non può liberamente rendersi schiava di un’altra. Anche se firmasse un contratto in piena regola, esso non sarebbe giuridicamente valido. Dare il proprio corpo per denaro lede sempre e comunque la dignità della persona umana”.

Alcune donne però si offrono gratis. C’è differenza?

“Il giudizio su tali azioni non ha la sua radice in considerazioni economiche. Perché la persona umana non può essere usata, neppure da se stessa? La dignità della persona umana da cosa dipende? Dalla presenza di Dio: dal fatto che in noi intimamente è presente Dio. Il corpo è il tempio dello Spirito Santo. La vita è orientata a un fine verso cui l’uomo ha la responsabilità di dirigersi: la propria perfezione personale secondo il disegno di Dio. È la natura della persona e dell’amore che indicano il criterio. San Giovanni Paolo II parlava di una «antropologia adeguata», cioè di una considerazione dell’uomo e della donna che ne rispettasse la natura personale”.

La “portatrice” di fatto, non ha legami biologici con il bambino…

“Di fatto solo ha legami genetici, ma certamente umani: tiene in grembo per nove mesi il bimbo! Questi legami sono violentemente spezzati dopo la nascita. Ricordate l’immagine di quella coppia di omosessuali che ha fatto il giro del mondo? Un bambino strappato alla madre, senza altro legame che con due estranei e compratori. Oggetto (in alcuni casi addirittura rifiutato perché «imperfetto»)”.

Spesso chi si oppone all’utero in affitto viene tacciato di essere omofobo. Lei si sente omofobo?

“Questo neologismo mi pare la sintesi della ottusità del pensiero umano. Dire che essere genitori è un dono, che la paternità e maternità sono fattori costitutivi e irrinunciabili per l’esperienza umana, che la famiglia è il legame stabile di un uomo e di una donna sono alcuni elementi della verità dell’umano. Il rispetto per ogni persona, al di là del suo orientamento sessuale non è minato dalla chiarezza di giudizio. Verrà un tempo credo in cui si riconoscerà che la difesa dell’uomo e della donna, della famiglia naturale, del diritto alla vita (dal concepimento al termine naturale) sarà riconosciuto come il servizio più autentico al progresso della civiltà umana”.

Che differenza c’è – intendo naturalmente non tecnicamente ma moralmente e dal suo punto di vista – fra la stepchild adoption e l’utero in affitto?

“Un figlio ha assolutamente il diritto di avere un padre e una madre. Lo dice l’esperienza, lo dice il buon senso, lo dicono studi seri (ne ho appena letto uno – in inglese, purtroppo – che documenta pacatamente e con dati inoppugnabili questa considerazione). Cancellare questo diritto è un crimine, figlio di capricci sostenuti da una mentalità libertaria che non conosce il cuore dell’uomo. Egoismo ammantato di modernità, insomma”.

Ma la vita non dovrebbe vincere sempre? Qual è il limite? Non crede che l’utero in affitto sia solo uno strumento in più per donare la vita che lei come parroco è tenuto a difendere?

“Difendere la vita significa soprattutto difendere la sua verità e le condizioni che la rendono giusta e vivibile. Già da tempo la riflessione umana e seria ci ha insegnato non che il fine giustifica i mezzi, ma che il fine buono genera mezzi buoni. La questione vera è che la pratica dell’utero in affitto è solo uno strumento in più per ledere la dignità della vita…”.

Che cosa si aspetta che decida San Marino? Cosa si aspetta dalla politica all’indomani della sentenza della Corte Europea?

“San Marino si è sempre presentata come la «Antica terra della libertà». Mi aspetto che sia fedele a questa vocazione e responsabilità mondiale. È stato luogo di accoglienza nei tempi bui della storia di tanti uomini e donne minacciati nella loro libertà, dignità e sopravvivenza. Mi auguro che non venga meno a questa sua caratteristica. E non solo che si opponga a pratiche disumane e che rendono l’uomo un oggetto, ma che sappia difendere il valore della famiglia nel suo diritto naturale, che rifiuti l’uccisione del bambino nel seno della madre attraverso la pratica dell’aborto, che sappia dare speranza ai giovani che cercano un futuro dignitoso. E penso che una alleanza che superi steccati e barriere ideologiche sia ciò che aprirà il futuro a una epoca di autentica libertà”.
Una intervista che certamente creerà parecchio dibattito. La Tribuna Sammarinese