In qualità di giornalista referente Onu per San Marino nei giorni scorsi ho aderito con convinzione alla campagna #SoloInsieme. Oggi vorrei riportare l’attenzione su due figure che stimo particolarmente e che hanno lanciato appelli per una maggiore equità nella distribuzione dei vaccini. Il primo è il Segretario Generale dell’Onu, Antonio Guterres il cui pensiero si può sintetizzare in questa frase: “In questo momento critico, l’equità sui vaccini è la più grande prova morale che la comunità globale si trova di fronte. Dobbiamo fare in modo che tutti, ovunque, possano essere vaccinati il più presto possibile”. Il secondo è l’immunologo Anthony Fauci, direttore del National Institute of Allergy and Infections Diseases (Niaid), il quale ha detto: “Visto che negli ultimi 18 anni abbiamo avuto tre pandemie da coronavirus, è venuto il momento di iniziare a lavorare ora a un vaccino universale per i coronavirus, in modo da essere pronti per la prossima pandemia. Questi vaccini universali dovranno essere in grado di proteggere la popolazione mondiale dall’insorgenza di pandemie dovute a vecchi e nuovi coronavirus e alle loro varianti”. Nei giorni scorsi ho utilizzato una provocazione particolarmente forte. Ho sostenuto la necessità di “espropriare” i brevetti dei vaccini per pubblica utilità, visto che è impensabile che ci siano Paesi dove ci si può vaccinare e altri dove invece la campagna va a rilento. Non è neppure accettabile che qualcuno possa avere un vaccino, definiamolo così, di “serie A”, mentre qualcun altro deve accontentarsi di un siero che magari garantisce una copertura minore. Vorrei allora fare miei i pensieri di Guterres e Fauci e “fonderli” in una proposta etica, che possa essere coordinata dalle stesse Nazioni Unite. La varie aziende che hanno realizzato i vaccini anti Covid, dovrebbero e potrebbero condividere le informazioni, in modo da mettere a punto un vaccino universale, il migliore possibile, e unendo gli sforzi somministrarlo all’intera popolazione del pianeta in tempi più celeri. I guadagni, che poi sono il motore che traina le multinazionali, potrebbero essere concordati in partenza e in percentuale proporzionale fra le società che volessero partecipare al “vaccino globale”, anche in base alle informazioni messe in condivisione, alla efficacia degli studi scientifici ed ai costi di studio e ricerca sostenuti. E’ inaccettabile che vi sia concorrenza (economica e non intellettuale, ovviamente) in un campo del genere, dove a perdere la vita ogni giorno sono migliaia e migliaia di persone. Uno sforzo globale inoltre potrebbe garantire un vaccino ancora più sicuro, che possa mettere a tacere negazionisti e scettici, limitando gli effetti collaterali, soprattutto quelli a medio e lungo termine, verso i quali ancora non disponiamo di sufficienti informazioni. Se l’obiettivo è quello di vaccinare il 70% della popolazione mondiale, non possiamo permetterci errori. In fondo stiamo giustificando, lecitamente credo, le mazzate alle categorie dicendo che la salute viene prima di tutto, prima dell’economia e del lavoro: non vedo allora perché non debbano e non possano mettere da parte le velleità economiche anche le multinazionali del farmaco. Oppure queste categorie hanno una immunità particolare…?
David Oddone