E’ doveroso tornare sulla sonora bocciatura che Banca Mondiale ha inflitto a San Marino compilando un ranking dove esso risulta aver perso dallo scorso anno ben 14 posizioni ottenendo uno dei peggiori risultati tra i 180 Paesi presi in esame. Il tema è evidentemente scomodo, tanto scomodo da essere approdato sulla stampa con tre-quattro mesi di ritardo visto che il documento era pronto dalla fine dello scorso ottobre. Ora la domanda è se il governo che all’indomani della pubblicazione dei primi articoli sulla stampa, non più di qualche giorno fa, si è affrettato a dire che la classifica fa riferimento ai primi sei mesi del 2017 provando a scaricare la responsabilità su chi ha guidato prima il Paese, sapesse o non sapesse di quella bocciatura. E visto che dalla maggioranza con noi parlano solo attraverso comunicati stampa, lo abbiamo domandato al Consigliere Pasquale Valentini.
“Per la mia esperienza di Segretario alle Finanze posso dire con certezza che lo Stato di San Marino è in contatto sia con il Fmi che con Banca Mondiale e che non può restare all’oscuro di documenti che lo riguardano. Quando avevo la responsabilità delle Finanze era la mia Segreteria assieme al Dipartimento Esteri a tenere i rapporti con il Fmi mentre la Segreteria all’Industria si occupava di quelli con Banca Mondiale. Riguardo alla classfica doing business, immagino che se i risultati fossero stati positivi il Governo non avrebbe esitato a propagandarli. Ma il Governo attuale risente ancora troppo della preoccupazione di dover dimostrare a tutti i costi di essere il governo migliore possibile e lo fa guardandosi allo specchio e non confrontandosi con i problemi e da questo deriva la perdita di credibilità del Paese verso l’esterno che ormai è ai minimi termini. C’è invece bisogno di convincere gli interlocutori a credere di nuovo in noi. La base per poterlo fare è prendere atto della realtà e capire come sia stato possibile perdere tutte quelle posizioni. E la risposta sta inevitabilmente soprattutto nelle operazioni condotte sul sistema bancario che hanno coinvolto Cassa di Risparmio, Asset e Banca Centrale”.
Come si può sperare di crescere se non siamo più capaci di attrarre investitori? Da quegli investimenti non dipendono la nostra stessa crescita, il reddito presente e futuro dei cittadini, la capacità di ridurre il debito pubblico, la competitività internazionale?
Indubbiamente è urgente studiare insieme interventi sostenibili che siano il frutto di un percorso che coinvolga tutti i portatori di interesse. I progetti non possono che nascere dal basso, ascoltando chi opera nella nostra realtà. Assistiamo invece all’elaborazione di progetti dettati da interessi che certamente non fanno capo alla Repubblica. Si dichiara a gran voce che verranno adottate delle riforme e che esse daranno un contributo importante alla crescita del sistema. Ma è proprio il modo di concepire quelle riforme a minacciare un ulteriore declino del Paese visto che quel che si sta cercando di fare è creare una struttura parallela a quella esistente, fatta di consulenze spesso fra l’altro anche in conflitto di interessi. La serietà di uno Stato non si misura sugli slogans del governo di turno ma sulla qualità ed efficienza della sua struttura amministrativa e gestionale. Le consulenze possono avere un senso se hanno come interlocutore una struttura amministrativa all’altezza della situazione ed adeguatamente valorizzata dall’esecutivo. Continuare, come si sta facendo, a concentrare tutto nelle mani del Congresso di Stato esautorando la struttura della Pubblica Amministrazione, non fa crescere la capacità del nostro Paese di migliorare la sua posizione internazionale.
E’ un quadro piuttosto grave quello che lei ha delineato. Si parlerà ancora di critiche strumentali?
“Occorrerebbe prima dimostrare che il Fmi e Banca Mondiale hanno interesse a dire cose che non rispecchino la nostra realtà. Noi non siamo interessati a far cadere il governo, ci preme innanzitutto che non precipiti il Paese”.
Olga Mattioli (Repubblica Sm)