Nella semiotica della politica, Machiavelli ci insegna che bisogna essere in grado di leggere “oltre i comportamenti abituali degli uomini di potere, scoprendovi i sottotesti d’interesse e di tornaconto personale”. La sua saggezza ampia e sbrigativa ci aiuta a leggere (o a rileggere, per chi non l’ha fatto) il famoso “progetto NetCo” che il giornale di riferimento di Libera, La Serenissima, propone ormai quotidianamente descrivendolo come un grande sbaglio di questo governo, che lo sta fermando e provocando in questo modo uno spreco milionario ai danni dello Stato.
L’articolista tuttavia dimentica di raccontare come è nato quel progetto e come sia stato sostenuto all’epoca (ma evidentemente, anche ora) da due autorevoli esponenti di Libera come Matteo Ciacci e Giuseppe Maria Morganti.
Ricorderemo allora che il progetto sul 5G, da portare avanti in collaborazione con il colosso cinese ZTE, sulla carta era un buon progetto. Ma già dai primi passi le anomalie si sprecano. Infatti, nel 2018 viene creata una società privata con il 100 per cento di capitale pubblico, la Public NETCO, appunto, che come primo atto del Cda appena insediato, firma un ordine da 12 milioni di euro senza alcuna trasparenza, probabilmente senza conoscere neppure cosa andava a comprare.
La Commissione per la finanza pubblica sottolinea una serie di rilievi. In primis, che il contratto tra Netco e Zte Italia non è stato trasmesso in quanto “coperto da Nda”, ovvero “non-disclosure agreement”, cioè una formula di accordo per non renderlo noto a terzi. Inoltre rileva la mancanza di comunicazione sui profili di un’operazione di importante impatto economico e finanziario. In ogni caso dà l’assenso per il trasferimento dei primi 6,1 milioni di euro da AASS a NETCO. In parole povere, si dice ad AASS di autorizzare gli stanziamenti, senza poter verificare come vengano effettivamente utilizzati.
In pratica quel contratto non specifica quali materiali si vanno a comprare, né quali servizi, né esplicita i dettagli fondamentali che stanno dietro ad ogni transazione.
Dopo il blocco di tutta la vicenda grazie al nuovo governo, si è visto cosa c’era nei magazzini e pare che i materiali comprati per 6 milioni di euro non siano altro che roba vecchissima, con apparati contenenti addirittura le batterie al piombo ormai in disuso da 15 anni.
Oltre a ciò pare che siano state pagati in anticipo 5 anni di servizi di manutenzione mai effettuati.
Senza voler leggere dolo alcuno in questa operazione, appare però evidente che chi ha acquistato 6 milioni di materiali, non aveva la necessaria competenza, non ha fatto controllare ad alcuno la qualità dei materiali e ha omesso ogni procedura di trasparenza.
Per chi non sa né leggere, né scrivere appare dunque che lo spreco non l’ha fatto questo governo, ma quello precedente. Anzi, questo governo ha evitato di sprecare altri 6 milioni di euro (come prevedeva il contratto) e ha fatto quanto in suo potere per verificare le responsabilità di quanto successo mandando al tribunale gli atti della relazione tecnica appositamente commissionata.
a/f