San Marino. ViSalus, luci e ombre sull’attività dell’azienda finita nel mirino di“striscia” e del Pm Bertuzzi

E’ uno schema di marketing legale quello adottato, a suo tempo, da ViSalus (finita anche nel mirino di “Striscia la notizia”), che ha avuto un grande successo commerciale, oltre che in tutta Italia, anche in Repubblica? E’, secondo notizie diffuse nelle scorse settimane, quanto starebbe appurando il Pubblico Ministero riminese Luca Bertuzzi, titolare dell’indagine che vedrebbe fra gli indagati almeno tre sammarinesi, fra i quali spiccherebbe il nome di Fabio Bollini, per il quale il business ViSalus -peraltro affermato, con lo stesso schema di marketing utilizzato dalla ViSalus Italia, in 16 paesi- ha rappresentato una svolta economica importante nella vita. (…) La Serenissima

ViSalus, oggi, è stata assorbita da un’altra grande azienda operante con il multilevel marketing, ma, in passato, è stata oggetto anche negli Stati Uniti, dove è fu fondata nel 1997. I primi problemi legali per Vi si evidenziano nel 2013, quando Ocean Avenue, una azienda concorrente, la accusa presso la Corte Federale di aver violato, con il supporto di due investigatori privati, di aver violato il database informatico di Ocean. La causa, nonostante Vi abbia negato sue responsabilità, si chiude due anni dopo con la condanna dei due investigatori e del direttore della sicurezza di Vi, riconosciuto responsabile ma per una azione personale non indotta dai vertici aziendali.

Nello stesso periodo, in seguito ad un “pesante” servizio della rete televisiva Cnbc, Vi finisce sotto indagine della Southern Investigative Reporting Foundation che ha sollevato, nelle sue conclusioni, pesanti dubbi sullo schema di marketing della società.

Ma la prima pesante condanna per l’azienda statunitense risale allo scorso anno quando la sentenza di un giudice federale accoglie le rivendicazioni di una “class action” intentata per ben 925 milioni di dollari.

E’ l’inizio della fine di Vi Salus, oggi assorbita -come detto- da un’altra grande società con sede negli Usa.

Ma questa è storia, l’attualità è l’indagine che si abbatte sul sistema di vendita, mirata ad accertare se il sistema di vendita, la struttura della distribuzione, sia conforme alle disposizioni legislative che regolamentano, in Italia, il network-marketing o se, invece, quello adottato sia uno schema illecito.

Premesso che il network-marketing è perfettamente legale anche in Italia e sottolineato che il fine originario di questo sistema di distribuzione introdotto nella prima metà del secolo scorso da Carl Rehnborg (fondatore di Nutrilite) è la redistribuzione più equa presso i venditori degli utili aziendali rispetto al sistema tradizionale, ciò che poi accade realmente anche oggi nell’applicazione di questo schema se non utilizzato come “Cavallo di Troia” per vere e proprie truffe. Condizione, quest’ultima, che si può già escludere con relativa certezza nel caso dell’indagine che vede coinvolti tre sammarinesi visto che il tutto ruotava realmente attorno alla commercializzazione di un prodotto e chi aderiva veniva remunerato con una percentuale del fatturato della sua rete di distributori e non -come invece accade in altri casi- con una rendita sull’investimento.

Investimento che, nel caso di Vi Salus, non è mai esistito, almeno in forma palese.

Analizzando la struttura del marketing di distribuzione della società, l’unico aspetto che, a prima vista, potrebbe sollevare qualche dubbio di legittimità è, paradossalmente, un premio extra l’azienda avrebbe riservato ai suoi venditori. Infatti, oltre a percepire una indiscutibilmente legittima commissione sul fatturato del proprio network, il venditore veniva premiato con 50€ per ogni nuovo distributore “arruolato” e ciò quando la legislazione italiana in materia imporrebbe -come del resto non previsto dallo stesso sistema di network marketing- di non trarre guadagni direttamente dallo stesso “arruolamento” di venditori.

In ogni caso, non rivestendo questo “premio extra” un peso determinante nel business complessivo ben difficilmente potrà, da solo, far pro- pendere le indagini verso l’illegittimità del sistema Vi Salus. Le sorti dell’in- chiesta portata avanti dalla Procura di Rimini in collaborazione con la Guardia di Finanza sembrano dipendere dall’interpretazione che il Pm Bertuzzi darà all’obbligo che ci sarebbe stato -secondo quanto si apprende dalla lettera che un catanese inviò all’italiana Aduc nel febbraio 2018- per tutti i nuovi venditori, di acquistare una sorta di kit di avvio del costo di almeno 500€.

La vicenda, su cui vige uno strettissimo riserbo fra gli inquirenti, appare quanto mai incerta e altrettanto complessa… E questa, al momento, sembra essere l’unica certezza. La Serenissima