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I carabinieri di Pesaro Urbino, guidati dal col. Antonio Sommese, hanno ritrovato il coltello a serramanico con cui è stato ucciso Ismaele Lulli, il 17enne sgozzato per gelosia da Igli Meta, reo confesso. Era a Sestino, un Comune in provincia di Arezzo a cavallo tra le Marche e la Toscana. A mettere i militari in condizione di recuperare l’arma era stato lo stesso Meta. Recuperato anche l’iPhone di Ismaele, sul greto del fiume Auro a Borgopace. Meta e l’altro giovane finito in carcere con lui, Marjo Mema, 19 anni, si erano disfatti delle prove (indumenti insanguinati, scarpe, nastro adesivo e altro) seminandole in un ‘anello della morte’ di vari chilometri intorno al luogo del delitto, un poggio a San Martino in Serva Nera, comune di Sant’Angelo in Vado
Fermati restano in carcere – Due versioni che collimano, salvo alcuni particolari, uno dei quali particolarmente importante: chi ha inviato ai familiari di Ismaele Lulli, il 17enne sgozzato a Sant’Angelo in Vado, un sms dal cellulare del ragazzo che annunciava l’intenzione di andare “a Milano per cambiare vita”? E’ uno dettagli emersi oggi durante le udienze di convalida dei fermi di Igli Meta, il ventenne albanese che ha confessato di essere l’autore materiale del delitto per gelosia, e di Marjo Mema, il diciannovenne suo amico, anche lui albanese, che avrebbe avuto comunque un ruolo minore, precedente e successivo all’omicidio. Gli arresti sono stati convalidati e due restano in carcere.
Fiori bianchi sulla bara bianca di Ismaele Lulli, il 17 sgozzato per motivi di gelosia da un ventenne albanese, che ora è finito in carcere con un altro amico di 19 anni. Migliaia di persone, moltissimi giovani, hanno partecipato oggi pomeriggio ai funerali del ragazzo nella chiesa di Santa Maria Extra Muros a Sant’Angelo in Vado: tanti non hanno trovato posto dentro e sono rimasti sul piazzale. Oltre a parenti e amici, presenti il sindaco di Sant’Angelo in Vado e dei Comnuni vicini e molte autorità.
Dentro la chiesa, off limits per i giornalisti, una donna si è sentita male per il caldo e per l’emozione ed è stata portata via da un’ambulanza. Ma è stato l’unico incidente durante un rito vissuto da tutti con estremo dolore e altrettanto grande compostezza. Ismaele era “un ragazzo dolce e fragile” vittima di “umanità crudele” per il parroco don Davide Tonti, “un ragazzo pieno di vita” nelle testimonianze dei suoi amici che dalla sua tragica morte hanno capito che “bisogna sempre stare in guardia”.
Dopo i momenti di tensione successivi al fermo dell’autore materiale dell’omicidio Igli Meta e dell’altra ragazzo coinvolto Marjo Mena, la gente in chiesa ha accolto con un silenzio assorto l’invito del parroco a “pregare anche per chi ha commesso questi atti terribili”. Alla fine della messa un lunghissimo applauso e le note del “Silenzio”, hanno accompagnato l’avvio di un lunghissimo corteo che seguito il feretro lungo le vie deserte di Sant’Angelo in Vado (dove è stato proclamato il lutto cittadino) fino al cimitero.
Si dichiara estraneo all’omicidio di Ismaele Lulli, Marjo Mena, 19 anni, di origini albanesi ma residente a Sant’Angelo in Vado, fermato insieme a Igli Meta, di 20. Lo ha riferito il suo legale Umberto Levi, che oggi ha avuto un breve incontro con il suo assistito. Secondo l’avvocato, il diciannovenne non sarebbe stato presente al momento dell’omicidio. La sua versione sembra concordare con quella di Igli Meta, che in nottata ha confessato di essere l’autore materiale del delitto. Ma potrebbero emergere nuovi particolari durante l’udienza di convalida, fissata per domani mattina nel carcere di Villa Fastiggi.
“Un momento di buio” che ancora oggi Igli Meta, il ventenne albanese finito in carcere per l’omicidio dello studente diciassettenne Ismaele Lulli, non sa spiegare. “Non so spiegare cosa mi sia successo in quel momento” ha detto la scorsa notte al pm di Urbino Irene Lilliu, durante un interrogatorio durato oltre sei ore, da lui stesso richiesto tramite il suo legale, Salvatore Asole.
Secondo l’avvocato, Igli ha ammesso di essere lui l’autore materiale del delitto (anche un altro giovane, Marjo Mema, di 19 anni, è in carcere), commesso per gelosia a causa della frequentazione, sembra del tutto innocente, della sua fidanzata con Isma e ha cominciato a collaborare con gli investigatori, fornendo indicazione sul luogo in cui ha lasciato l’arma del delitto un coltello, in località San Martino in Selva Nera. Secondo l’avv. Asole, “non c’è stata premeditazione”.
A Ismaele fu tesa una trappola: il ragazzo incontrò i suoi carnefici Igli Meta e Marjo Mema alla fermata dell’autobus e accettò la proposta di andare a fare un bagno al fiume. Salì spontaneamente sull’auto di Meta, “senza costrizioni” hanno detto oggi i carabinieri durante una conferenza stampa a Pesaro. L’auto si diresse a San Martino in Selva Nera, luogo dell’omicidio. Ismaele è staot legato con del nastro adesivo da pacchi e colpito alla gola con un coltello sotto ad una croce di ferro, in cima ad un poggio in località San Martino in Selva Nera. E’ morto così Ismaele Lulli, nella ricostruzione dei carabinieri che hanno condotto le indagini. Un solo colpo mortale al collo, talmente forte che il 17enne “è stato quasi decapitato” ha detto il col. Antonio Sommese, dei carabinieri di Pesaro. La morte è stata rapida.
La morte del 17enne avrebbe un movente passionale: la gelosia. Di mezzo ci sarebbe la gelosia del ventenne per la frequentazione della fidanzata diciannovenne con Ismaele. Frequentazione per altro assolutamente innocente, secondo alcuni investigatori.
Hanno dunque cominciato a collaborare, facendo le prime ammissioni, i due giovani albanesi, di 19 e 20 anni fermati poco fa per l’omicidio dello studente di 17 anni Ismaele Lulli, trovato ucciso con la gola tagliata ieri in un boschetto nel territorio di Sant’Angelo in Vado. “E’ come si stessero rendendo conto ora dell’enormità del fatto”, racconta una fonte investigativa che parla di “un delitto da videogame”.
Le famiglie dei due fermati non sono coinvolte in alcun modo e non hanno aiutato i figli. “Sono persone irreprensibili, che lavorano e ben inserite” osserva uno degli investigatori. I due ragazzi invece avrebbero denotato “pochi interessi e una certa tendenza a tirare a campare: uno non ha finito gli studi, l’altro sì ma non lavora”.
A Sant’Angelo in Vado il clima è molto teso: quando i due ragazzi sono stati trasferiti dalla caserma dei carabinieri di Sant’ Angelo in Vado al carcere di Villa Fastiggi a Pesaro, una folla che si era raccolta ha cercato di colpire a calci e pugni i mezzi delle forze dell’ordine e lanciato invettive. I militari sono riusciti ad evitare conseguenze peggiori dovute al dolore e all’esasperazione: nel piccolo paese tutti conoscevano Ismaele e la sua famiglia. Ansa