Saviano insulta ancora. L’attacco (senza senso) a Gasparri

Definito “il peggio del peggio“. Da che pulpito, però. A Maurizio Gasparri è bastato presentare un proposta di legge sull’aborto (e in particolare sui “diritti del concepito“) per diventare il bersaglio di critiche e insulti da sinistra. I militanti progressisti gli hanno dato del bigotto, del retrogrado e del maschilista, trovando anche una sponda politica a quelle invettive. Poi è arrivato Roberto Saviano, che sui social ha attaccato frontalmente il senatore e gli ha affidato il proprio patentino negativo.

L’attacco di Saviano

Gasparri, per ricordare al mondo che esiste, si fa di nuovo latore di una proposta di legge che riconosca la capacità giuridica del feto. Ogni volta che mi capita di pensare a un politico come il peggiore in circolazione, poi subito ricordo Gasparri. Nessuno potrà batterlo, mai!“, ha affermato lo scrittore in un Tweet, scagliandosi contro la proposta del senatore forzista come di fronte a un atto inaudito. In realtà, da tempo l’esponente azzurro presenta simili istanze: lo fa – come lui stesso ha ricordato – all’inizio di tutte le legislature. Un atto legittimo e peraltro non isolato. In questo inizio di legislatura sono infatti oltre 500 i progetti di legge già depositati.

Ddl, la proposta su “Bella Ciao”

Nelle 338 proposte di legge arrivate a Montecitorio e nei 181 testi pervenuti a Palazzo Madama si chiedono di istituire commissioni d’inchiesta, giornate a tema, di inserire la tutela dell’attività sportiva in Costituzione e di usare “Bella Ciao” come canzone ufficiale del 25 aprile. Di tutto e di più, insomma. Ma a destare scandalo pare sia stata solo la proposta di Gasparri, forse a motivo del delicato argomento usato come cavallo di battaglia ideologico dalla sinistra.

A commento di una foto del politico forzista, sui social Saviano ha anche aggiunto: “Gasparri, il peggio del peggio del peggio… e si potrebbe continuare all’infinito“. Al momento non si registrano repliche da parte del diretto interessato, forse costretto a mordersi la lingua per mantenere un profilo più istituzionale.


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