ALL’INFERNO e ritorno. La tentazione dello sballo, in discoteca. L’ecstasy, magari dopo aver bevuto qualche superalcolico e sniffato coca. La testa gira, il sudore diventa freddo, il tempo sembra scorrere lentamente. All’inferno c’è stato, Lorenzo D’Abronzo. Venticinque anni, gli ultimi quattro trascorsi nella comunità di San Patrignano, Lorenzo ha deciso di riprendere possesso della vita che stava distruggendo. Droga e discoteca, binomio fisso. «Ho cominciato a prendere ecstasy appena diciassettenne – racconta – e a 21 anni sono entrato in comunità. Sono uscito dal tunnel, al culmine di un percorso durissimo. Ora voglio iscrivermi all’università». Perché il 25enne romano, dopo l’inferno, ha scoperto anche il suo paradiso. Lo sballo della normalità. Una vita di sogni, più che di illusioni. D’Abronzo, perché ha cominciato a fare uso di ecstasy?
«Frequentavo ragazzi più grandi di me. Amavo la notte, adoravo la discoteca, avevo un grande desiderio di provare certe sensazioni».
E quando le ha provate per la prima volta?
«Otto anni fa. Una serata in disco, a Roma. Un amico mi ha dato una pastiglia. Dopo qualche minuto mi sentivo più sicuro di me, senza freni inibitori. Era quello di cui avevo bisogno».
Pensava di poterlo ottenere solo con l’ecstasy?
«Assolutamente sì. Ero timido e insicuro».
Effetti collaterali?«Sudore freddo, battito cardiaco accelerato. Credevo di poter smettere in qualsiasi momento. Invece ho cominciato a consumare sempre più droga».
Solo ecstasy?
«No. Anche anfetamine, altre droghe sintetiche, cocaina».
Paura di morire?
«La prima volta a 17 anni».
Come si svolgeva la sua serata tipo?
«Prima tappa al bar: alcolici e cocaina. Arrivavo nel locale già sballato, poi prendevo quattro o cinque pillole di ecstasy a sera. Spendevo anche 250 euro. Tornavo a casa nella mattinata del giorno successivo. Distrutto».
Comprava la droga in disco?
«A volte sì. Anche se la mia comitiva non aveva sempre lo stesso pusher».
Ok, ma non ha mai avuto particolari difficoltà a rifornirsi nei locali.
«Ci sono gestori che sono consapevoli di quel che succede, altri invece sono davvero estranei. Lo spaccio non è facile da controllare».
Un ragazzo di 16 anni è morto dopo aver ingerito ecstasy al Cocoricò.
«Ho saputo. Sono sconvolto. Poteva capitare anche a me. Sono stato fortunato».
È da chiudere il Cocoricò?
«Non basta chiudere una discoteca».
Quando ha deciso di uscire dall’inferno?
«La mia famiglia mi ha posto davanti a un bivio. Ho scelto io di entrare in comunità. Ho affrontato un percorso lungo e duro, tra qualche giorno tornerò a casa. Mi sono diplomato, voglio iscrivermi a Fisioterapia».
Una nuova vita.
Il Resto del Carlino