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  • Sbarchi in Italia e regole errate Così l’operazione Sophia non funziona

    La decisione della Germania di sospendere la partecipazione all’operazione Sophia potrebbe mettere a repentaglio lo stesso proseguimento della missione europea. Ieri, subito dopo la firma del trattato di Aquisgrana, fonti del governo tedesco avevano confermato di non procedere (nell’immediato) al passaggio di consegne dalla nave Augsburg alla Berlin.

    Di fatto, con quella decisione di è scelto di sospendere la partecipazione alla missione in termini operativi nel Mediterraneo centrale. Ma la Germania resta un partner di Eunavfor Med, come sottolineato dall’ammiraglio Enrico Credendino, comandante della missione. “Abbiamo parlato ora con i tedeschi: la Germania non si ritira dall’operazione Sophia. Rimane uno dei principali partner dell’operazione” ha confermato l’ammiraglio.

    Da parte di Berlino, l’indicazione arrivata è che l’interruzione del coinvolgimento diretto in mare sarebbe frutto della politica italiana sugli sbarchi. I porti chiusi, hanno spiegato fonti tedesche all’agenzia Dpa, avrebbero favorito la scelta della Marina tedesca di interrompere l’avvicendamento. Ma per ora la missione Sophia resiste, anche se molti cominciano a pensare che non sia necessario farla finire, quanto rimodularla.

    Come spiegato su questa testata, la missione europea nasce dalla necessità di affrontare il traffico dei migranti dalla Libia. L’obiettivo dichiarato delle operazioni navali era quello di colpire i trafficanti, evitare di vedere continuare la crescita del cimitero nel Mediterraneo, ma anche di creare una prima forza operativa totalmente europea in cui l’Italia aveva e continua ad avere il comando delle operazioni. Fin qui, tutto sembra funzionare per il meglio. Ma la strategia di Sophia ha mostrato alcune lacune fondamentali che l’attuale governo italiano ha già dimostrato di voler modificare. Anche a costo di scontarsi apertamente con gli altri Stati europei.

    Una pistola scarica

    Il primo problema è di natura strategica. L’operazione Sophia nasce con un errore di fondo: considerare possibile replicare una sorta di modello Atalanta contro le postazioni dei pirati nel Golfo di Aden. Ma il problema è che lo scopo non poteva essere raggiunto a causa dell’assenza di unità di intenti sul fronte della lotta all’immigrazione clandestina e al passaggio di fasi di cui si compone l’operazione.

    La Fase 2, che è quella attualmente in vigore, prevede il contrasto del traffico di migranti (cui si è aggiunto anche l’addestramento della Marina libica). Ma, come spiega il ministero della Difesa, “gli assetti della Task Force potranno procedere, nel rispetto del diritto internazionale, a fermi, ispezioni, sequestri e dirottamenti di imbarcazioni sospettate di essere usate per il traffico o la tratta di esseri umani” in alto mare. Quindi, a differenza della lotta alla pirateria, non si possono colpire le centrali dell’immigrazione clandestina in territorio libico.