Era alto in media un metro e cinquanta e pesava circa 45 chili. È l’Homo naledi, una nuova specie del genere Homo e nostro lontano cugino identificato grazie a oltre 1.550 resti di ossa scoperte in un pozzo profondo 80 metri in una grotta in Sudafrica. Un doppio studio che illustra l’eccezionale scoperta è stato pubblicato il 10 settembre sulla rivista specializzata open acces eLife.
Naledi=stella
Il nome, naledi, è stato dato dal nome della Dinaledi Chamber nella grotta Rising Star dove tra il 2013 e il 2014 sono stati scoperti i resti appartenenti almeno a una quindicina di individui. In lingua Sotho, parlata nella zona, «naledi» significa stella. Secondo i ricercatori, i reperti recuperati sono solo una parte di quelli ancora da dissotterrare nella grotta presso Maropeng, non lontano da Johannesburg, in un’area che l’Unesco ha inserito nel Patrimonio dell’umanità per la straordinaria ricchezza dei reperti dei nostri più antichi progenitori.
Datazione non ancora disponibile
I ricercatori, guidati da Lee Berger dell’Università sudafricana del Witwatersrand, tra i quindici individui hanno identificato neonati, giovani e persone più anziane. Tutti presentano tratti omogenei, ma l’esatta datazione dei reperti non è ancora disponibile e al momento varia tra 100 mila e 2 milioni di anni. Secondo gli esperti, H.naledi presenta un cervello piccolo insieme a un corpo più slanciato. «È una stranezza: aveva tratti moderni insieme a caratteristiche più arcaiche», commenta Chris Stringer del Museo di storia naturale di Londra, dove un calco del teschio di H. naledi sarà in esposizione il 25 settembre nella Notte europea dei ricercatori e poi a fine anno farà parte della nuova galleria dell’evoluzione umana del museo.
I misteri dell’Homo naledi
Secondo Stringer, la profondità del pozzo e la sua difficile accessibilità potrebbe far supporre che i resti siano stati intenzionalmente depositati. Se così fosse e se la datazione confermasse un’età molto antica, sarebbe una dato veramente straordinario in quanto finora le inumazioni di defunti erano conosciute solo tra i Neanderthal e nella nostra specie Homo sapiens, quindi in età recente. «Sarebbe un dato sorprendente di un comportamento molto complesso in una specie che aveva un cervello non più grande di quello di un gorilla», afferma Stringer in uncommento di supporto su eLifeparlando di un vero e proprio «mistero» legato all’H. naledi.
Fonte: CORRIERE DELLA SERA