Ingrid Casali, tramite la piattaforma di social media Facebook, ha diffuso un’affermazione sull’allora Segretario di Stato Roberto Ciavatta, in cui si esprimeva nei seguenti termini: “Sono esterrefatta, un premio ad un uomo che ha subito un processo proprio per violenza contro una donna (non ricordo l’esito)” il che fa pensare che Roberto Ciavatta sia stato oggetto di un procedimento giudiziario relativo a un’accusa particolarmente grave, quale la violenza nei confronti di una donna, insinuazione che, nel contesto sociale attuale, riveste una connotazione estremamente negativa e devastante per tutti, ma soprattutto per un politico nonché Segretario di Stato (ministro) della Repubblica di San Marino. Roberto Ciavatta è stato invece condannato per fatti di violenza, circa 20 anni fa, ma tra uomini e assolutamente non per violenza di genere contro una donna.
E’ emerso in maniera inequivocabile che tale affermazione è FALSA in quanto destituita di ogni fondamento di verità, poiché il processo a cui si fa riferimento non ha mai avuto luogo. La falsità di questa affermazione ha creato un presupposto errato, che è stato poi utilizzato per criticare l’assegnazione di un premio a Ciavatta. (Premio Internazionale “Laudato Medico” attribuito per il suo impegno e il suo contributo importante durante la gestione dell’emergenza sanitaria legata alla pandemia di COVID-19 nella Repubblica di San Marino. Ciavatta è stato premiato per aver svolto un ruolo essenziale nella coordinazione delle politiche sanitarie e nella gestione delle risorse mediche durante questo periodo critico. Il premio, istituito per onorare personalità che si distinguono nell’ambito della sanità, è un segno di riconoscimento per la dedizione e l’efficacia dimostrata da Ciavatta nelle sue funzioni governative. Nel corso degli anni il premio dell’associazione “Loto Onlus”, un’organizzazione italiana che si occupa del sostegno alle donne affette da tumori ginecologici, ha guadagnato prestigio e attenzione)
La natura erronea dell’affermazione è stata evidenziata sia in primo grado che nei successivi gradi di giudizio, compresa la terza istanza, confermando per quest’ultimo grado che nel contesto di affermazioni riguardanti figure pubbliche, in particolare politici, esiste una tolleranza giuridica particolarmente ampia. In effetti, quando la dichiarazione riguarda un argomento di interesse pubblico — e tutto ciò che concerne un politico, eccetto la sua vita privata, rientra nella sfera dell’interesse pubblico — se tale dichiarazione viene formulata con continenza, cioè senza ricorrere a espressioni offensive, volgari o gratuitamente diffamatorie, e se i fatti riportati sono veritieri, non si configura il reato di diffamazione.
In questo caso specifico, Ingrid Casali ha diffuso una notizia oggettivamente falsa, affermando che Roberto Ciavatta avrebbe subito un processo per un reato specifico e altamente infamante come la violenza contro una donna (violenza di genere). Inoltre, la stessa Casali non è stata in grado di ricordare l’esito di tale presunto processo, il che aggrava ulteriormente la mancanza di accuratezza e precisione nella sua affermazione.
Nonostante ciò, Ingrid Casali è stata assolta dalle accuse di diffamazione.
Un aspetto fondamentale che emerge da questa vicenda è la distinzione giuridica tra essere sottoposti a un processo e subire una condanna, e sto parlando dell’ex Segretario di Stato Roberto Ciavatta. Essere stati oggetto di un procedimento giudiziario non implica necessariamente colpevolezza e non dovrebbe precludere la possibilità di ricevere riconoscimenti o premi, a meno che non vi sia una condanna definitiva per il reato in questione. Quando si parla di critica, (cioè secondo me quel politico non deve avere quel premio ndr) specialmente in un contesto politico, è evidente che essa rientra nell’ambito delle opinioni personali, che per loro natura sono soggettive e quindi passibili di differenti interpretazioni. Nella normativa sammarinese esistono diverse sentenze nelle quali viene specificata che l’opinione personale o la critica non è mai né vera né falsa perchè è una critica/opinione.
Alla luce di quanto esposto, risulta evidente che Ingrid Casali ha divulgato un’informazione non veritiera.
Ciononostante, non è stata condannata poiché il giudice Mazza ha considerato la sua affermazione come rientrante nel diritto di critica politica nei confronti di Ciavatta, escludendo pertanto la configurazione di una responsabilità penale, trascurando però il fatto che la critica si basa su un’affermazione falsa.
Di conseguenza, sarebbe opportuno distinguere nettamente la critica, che per sua natura non può essere classificata come vera o falsa, dal fatto su cui essa si fonda, che invece può essere accertato come vero o falso, come avviene in questo caso specifico.
Questo da corpo ad un quesito di non poca rilevanza: d’ora in poi, sarà possibile criticare i politici anche diffondendo affermazioni false senza incorrere in conseguenze legali?
O si tratta di un’eccezione limitata a questo specifico caso?
È ragionevole pensare che questa sentenza possa stabilire un precedente giuridico di grande impatto, destinato a influenzare le future interpretazioni in materia.
Nella sentenza, il giudice Mazza ha enunciato un principio giuridico che, seppure ampiamente condivisibile, parte comunque da un presupposto a mio parere errato, ossia dalla diffusione di una notizia non veritiera.
Mazza afferma infatti che “con riferimento specifico al diritto di critica politica — che qui rileva — il rispetto della verità del fatto assume rilievo limitato, necessariamente affievolito rispetto alla diversa incidenza sul versante del diritto di cronaca, in quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica”. Questo principio giuridico trova riscontro in una nota decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (Corte EDU, Sez. 2, 27/11/2012, Mengi c. Turkey), che stabilisce una distinzione netta tra “giudizi di fatto” e “giudizi di valore”. Mentre l’esistenza di un fatto può essere provata, il giudizio di valore, essendo soggettivo, non può esserlo, poiché richiedere la prova della veridicità di un giudizio di valore determinerebbe un effetto dissuasivo sulla libertà di espressione del pensiero. Il limite insito nell’esercizio del diritto di critica risiede nel fatto che la questione affrontata deve essere di interesse pubblico e che non si trasmodi in attacchi personali gratuiti. Qualora il giudice qualifichi il contenuto come prevalentemente valutativo, i limiti dell’esimente vengono determinati dalla rilevanza sociale dell’argomento e dalla correttezza dell’espressione utilizzata. La libertà di opinione, configurata dalla CEDU come diritto non a diffondere informazioni, ma a esprimere opinioni e trasmettere idee, è alla base della distinzione tra dichiarazioni di fatto e giudizi di valore”.
Nel caso in esame, tale libertà è stata esercitata su un presupposto errato.
In sostanza il giudice Mazza ha ritenuto le dichiarazioni di Ingrid Casali come parte integrante della critica politica, pur partendo da una premessa fattuale infondata.
Da un punto di vista critico, si potrebbe obiettare che la diffusione di un’informazione falsa dovrebbe comunque essere soggetta a sanzione, indipendentemente dal contesto in cui è stata espressa, al fine di evitare un possibile degrado morale e civile nella società, specialmente quando accuse infamanti come quelle relative alla violenza di genere vengono utilizzate in modo improprio.
Pur apprezzando i riferimenti giurisprudenziali alla Corte EDU e alla giurisprudenza sammarinese, che sono le uniche fonti di diritto rilevanti per la Repubblica di San Marino, rimane il dubbio sull’opportunità di una sentenza che potrebbe aprire un pericoloso precedente riguardo alla possibilità di diffondere false affermazioni nei confronti dei politici senza subire conseguenze legali.
Se questa interpretazione dovesse consolidarsi, le implicazioni per il dibattito pubblico e per la tutela della verità nelle comunicazioni sociali potrebbero essere estremamente rilevanti e potenzialmente dannose per il tessuto sociale e istituzionale del paese.
Debbo dire, cari lettori, pur rispettando l’autorità delle sentenze, sia legittimo criticarle. In questo caso specifico, la sentenza, pur avendo aspetti positivi, porta in evidenza una serie di preoccupazioni in merito alla protezione della verità e alla corretta applicazione del diritto di critica nei confronti dei politici. Questa vicenda, che inevitabilmente avrà ripercussioni giuridiche e sociali di vasta portata, merita un’attenta riflessione da parte degli operatori del diritto e della società civile nel suo complesso.
Buon 3 settembre!
Marco Severini – direttore del GiornaleSM
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