Non è facile vivere nel nostro Paese in un momento di grande smarrimento come questo.
Un Paese dove i diritti acquisiti non si toccano e quindi nella PA non è onorevole lavorare il sabato “perché uso e consuetudine” non farlo.
Ove grazie alle infornate preelettorali ci sono circa settecento precari nel pubblico che reclamano, giustamente, un riconoscimento dei loro diritti alla pari degli altri lavoratori.
Ma che non sono capaci di distinguere al loro interno tra quelli che lo sono da dieci anni e quelli da qualche mese.
Tra quelli che lavorano due ore la settimana (è un lavoro?) e quelli che lavorano a tempo pieno.
Tra quelli che sono imboscati o in sovra numero rispetto alle reali necessità del dipartimento in cui operano e quelli che ricoprono ruoli effettivamente necessari.
In una PA dove non si fanno più concorsi dal 1992, con una gestione prettamente politica della macchina pubblica dello Stato, a scapito dell’efficienza e della professionalità, che non può essere neanche premiata.
In una PA che sembra un mondo a parte, inconsapevole dei privilegi di cui gode, distaccato completamente dal resto della collettività che non ha più le sicurezze che aveva e che soffre gli effetti della crisi in maniera significativa.
Non è facile vivere in un Paese dove, ora che è arrivato il momento di pagare il conto, si accusa strumentalmente “l’altro” di non concorrere al mantenimento dello stato sociale in maniera equa, affibbiandogli etichette odiose.
In un Paese dove siamo stati tutti addormentati nelle coscienze, con poche famiglie enormemente arricchite dalla vicinanza al potere unitamente ad una piccola parte della politica.
Gli interessi personali prima di quelli generali.
Lotti sbloccati, concessione di licenze, agevolazioni non dovute, assunzioni in blocco d’interi nuclei familiari nella PA, creazione di sovrastrutture inutili e costose solo per fini meno nobili di quello che pensiamo, facilities agli amici degli amici.
L’unico interesse nazionale forte che avevamo fuori dai nostri confini (l’investimento Cassa di Risparmio di San Marino in Delta) non è stato sufficientemente difeso dalle istituzioni e dalla politica, anzi molto probabilmente, quando sarà il momento, sapremo quanto torbido vi si è mosso intorno.
La politica è oramai presa troppo da se stessa e dai giochi di potere con annesso relativo teatrino, per ricordarsi che è innanzitutto portatrice e promotrice di valori ben più alti.
Ce n’è per tutti.
Le risposte a questo momento di crisi, non possono essere quelle del casinò o dell’adesione tout court all’Europa delegando ad altri la determinazione del nostro destino, giacché noi non ne siamo capaci o peggio ancora degni.
In un Paese dell’improvviso e repentino giustizialismo o perbenismo soprattutto da parte di chi non ne ha nessun titolo per esserne portatore.
Questo momento di crisi, è l’occasione di prendere consapevolezza e risvegliare le coscienze addormentate, di riappropriarci dei valori base della nostra comunità, che non possono che essere quelli della laboriosità, della famiglia, della solidarietà, della libertà e della giustizia sociale ed economica.
La domanda è: ci saranno gli uomini di buona volontà nel Paese in grado di farlo?
Sono sicuro di sì.
Se ci siete, battete un colpo, è arrivato il momento.
Alberto Rino Chezzi