
Dopo il momento degli elogi, peraltro meritati (a parte i primi 40′ di Twickenham), per l’Italia del rugby è arrivato il momento di andare sul concreto. All’Olimpico, dove si va verso le oltre 60mila presenze, arriva il Galles finora cenerentola di questo Sei Nazioni (0 punti contro 1 degli azzurri) visto che il lavoro del ct Warren Gatland, ‘guru’ neozelandese tornato sulla panchina biancorossa a furor di popolo, per ora non ha dato i risultati sperati. Così anche il Galles, come l’Italia che in questo match parte favorita (tesi contraddetta dal presidente della Fir Marzio Innocenti, proprio lui che prima del torneo aveva chiesto due successi al XV azzurro), è ancora alla ricerca della prima vittoria, e ciò vuol dire che quella di Roma sarà anche una sfida per evitare il cucchiaio di legno, ‘trofeo’ per l’ultimo posto. L’Italia dovrà quindi, nonostante l’assenza di un giocatore di valore come Ange Capuozzo, concretizzare in termini di successo il bel gioco esibito fin qui, e che magari avrebbe meritato maggior fortuna nei match casalinghi contro Francia e Irlanda. I presupposti ci sono, il gruppo ci crede, il capitano azzurro Michele Lamaro sprona i suoi dicendo che “abbiamo creato qualcosa che va al di là delle individualità. Al posto di Capuozzo ci sarà Allan, che è un giocatore splendido, ha molta concretezza, è preciso e ci darà una grande mano”. Memore delle recenti buone prestazioni, Lamaro sottolinea che contro il Galles “ci sarà più pressione, ma non sarà una finale. La percezione La percezione intorno a noi è cambiata. Sappiamo di dover alzare il livello per guadagnarci quello che ci spetta”. E i gallesi? Da ct Gatland non aveva mai vissuto l’esperienza di tre sconfitte consecutive “ma anche questo serve a crescere e qui c’è tanto lavoro da fare perché siamo in un momento di transizione: per alcuni giocatori queste potrebbero essere le ultime partite con la maglia del Galles”. Ma sarà interessante anche vedere il comportamento dei tanti tifosi di Ken Owens che hanno ‘invaso’ Roma. La loro federugby, alle prese con le polemiche provocate da accuse di “cultura tossica” a base di misoginia, sessismo, razzismo e omofobia, ha chiesto ai sostenitori gallesi di interrompere la tradizione di cantare durante la partita la hit anni ’60 di Tom Jones ‘Delilah’, che per la nazionale di rugby è quasi un inno. Questo perché il testo originale della canzone contiene dei riferimenti a un femminicidio da parte di un partner troppo geloso. Nessun supporter sembra intenzionato a raccogliere l’invito e, a precisa richiesta per le vie di Roma, su cosa faranno domani all’Olimpico la risposta è stata una parola irriferibile che equivale a un rifiuto. Italia-Galles del Sei Nazioni è anche questo, e per una volta niente ‘politically correct’.
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