
È un lui il signor «no». È un professore di lettere alle medie inferiori, Guido e basta, non vuole alcun riferimento, né città, né istituto. «Altrimenti mi linciano», dice. I motivi sono chiari: «Non rientrerò in classe. Ho sessantatré anni, una lunga carriera di docente alle spalle, ma la chiudo qui. O mi danno il prepensionamento, o mi spostano in qualche ufficio interno. Ho insegnato da remoto e mi andava bene. Ma non ce la faccio a riprendere. Sono iperteso e fumatore. Se prendo il Covid finisco di sicuro in ospedale. Mi dispiace far la parte del vigliacco, ma proprio non ce la faccio». Poi la ciliegina sulla torta. «I miei figli sono grandi e già fuori casa, ma ho una mamma molto anziana, vive con me, se mi ammalo io, cosa fa? Contagio anche lei e poi chi la cura? Finisce in un ospizio?». La situazione personale di Guido lascia senza parole ma quello che traspare è anche una sfiducia nelle istituzioni. «Tutta l’estate abbiamo assistito ad una girandola di misure e contromisure, mancano regole di sicurezza e nella mia scuola ancora non sanno come distanziare i banchi. Adesso mi hanno detto che anche alle medie gli alunni dovranno usare la mascherina ma penso non sarà sufficiente. Chissà quante volte la toglieranno, specie in bagno o durante la ricreazione. Chi li controllerà? I professori non possono fare i gendarmi. Il rischio di un contagio diffuso è troppo grande. Io mi metto da parte, lascio il posto ai giovani supplenti».
—
Fonte originale: Leggi ora la fonte