Senato, Minzolini salvo con 19 voti pd. E il M5S attacca: scambio con Lotti Lui: «Pronto a dare le dimissioni» Senato, Minzolini salvo con 19 voti pd E il M5S attacca: scambio con Lotti Lui: «Pronto a dare le dimissioni»

L’aula di Palazzo Madama vota no alla decadenza da senatore dell’ex direttore del Tg1. Che prima del voto aveva annunciato che si sarebbe comunque dimesso: «Io vittima di una vicenda kafkiana». Accuse dagli ex dem.

L’aula di Palazzo Madama vota no alla decadenza da senatore di Augusto Minzolini. L’ex direttore del Tg1, poco prima della votazione, aveva però spiegato: «Qualunque sia l’esito del voto un attimo dopo rassegnerò le dimissioni da senatore». Decisione confermata a voto avvenuto: «Ora mando la lettera di dimissioni», spiega, anche se sottolinea «Non me lo aspettavo, davo per scontato il voto sulla mia decadenza». E scoppia la polemica: Minzolini è «salvo» anche grazie ai voti del Pd, 19, e di Ap, 23. E il Movimento 5 Stelle accusa: «Siamo in presenza di un voto di scambio» alludendo alla votazione di mercoledì sulla sfiducia al ministro Lotti. «Spero che il voto non sia stato organizzato» dice Doris Lo Moro, senatrice Mdp e relatrice della delibera per la decadenza in Giunta per le immunità.

Il voto

L’Assemblea di Palazzo Madama ha approvato con 137 sì, 94 no e 20 astenuti l’ordine del giorno Caliendo con cui si chiedeva di respingere la delibera della Giunta delle elezioni che si era pronunciata a favore della decadenza del senatore per Forza Italia per incandidabilità sopravvenuta sulla base della legge Severino. Risultato: il Senato salva Minzolini condannato con sentenza passata in giudicato. Voto accolto da un lungo applauso. «Un calvario – dice l’ex direttore del Tg1 -. Ma la battaglia va intrapresa al di là della mia persona». Il tutto mentre Forza Italia aveva presentato due ordini del giorno per provare a far slittare la decisione del Senato. Uno puntava a far tornare in Giunta per le Immunità la vicenda, l’altro a respingere la deliberazione della Giunta che a luglio decise di proclamarlo decaduto dall’attività di parlamentare perché condannato con sentenza passata in giudicato per peculato, per l’utilizzo improprio delle carte di credito aziendali. Corriere.it