ROMA – Il tesoro di ‘faccia d’angelo’, l’ex boss del Veneto, il cervello della mala del Brenta, uno dei più sorprendenti misteri della storia criminale di questo Paese, è stato trovato. Era mascherato, sparso, nascosto.
Questa mattina, per diverse ore, sono state effettuate perquisizioni e sequestri “di beni immobili, mobili e disponibilità finanziarie”, si legge in comunicato della Guardia di finanza di Roma, “legate a Felice Maniero, ex vertice dell’associazione criminale di stampo mafioso denominata Mala del Brenta”.
Il bandito col volto da bambino, che ha fatto del Nord Est il polo più decentrato della mafia. Insieme all’Antimafia della procura di Venezia, il Nucleo speciale di polizia valutaria ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere e un decreto di sequestro di prevenzione, nei confronti di soggetti “indiziati di riciclaggio di proventi illeciti e intestazione fittizia di beni, aggravati dalla finalità di agevolare” Maniero.
L’indagine iniziata nei primi mesi del 2016, ha individuato alcuni prestanome riconducibili alla famiglia del boss che avrebbero gestito l’immenso patrimonio criminale accumulato da Maniero fino agli anni Novanta. Circa 33 miliardi di lire dell’epoca investiti in immobili, mascherati in rapporti finanziari, riciclati.
Felicetto “faccia d’angelo” è sempre stato in grado di sorprendere. Cambiando ombra e pelle, tradendo nemici e amici, consegnando 30 miliardi del suo patrimonio in lire, senza mai allontanarsi troppo dal suo territorio. Prima furti, poi rapine, estorsioni, sequestri, droga e armi e accordi, tanti, con pezzi dello Stato, non solo italiano. In qualche modo, prima di Riina e dell’attacco al patrimonio artistico, fu Felice Maniero a escogitare un sistema per costringere le istituzioni a trattare con lui.
Nell’ottobre del 1991, rubò perfino la reliquia del mento di Sant’Antonio a Padova, per restituirle 71 giorni dopo, incassando un dividendo che nessuno ha mai veramente svelato. Per riciclare si era buttato sull’arte: dipinti di De Chirico e Renoir, poi ritrovati in una banca di Lugano. Di protezione ha goduto a tutti i livelli. Latitante, poi a rischio ergastolo, quindi “pentito”, infine sotto protezione per testimoniare contro i suoi complici e tornare a godere di sconti di pena e impunità.
Dal 23 agosto del 2010 è in libertà, con una nuova identità, quella di Luca Mori. È la trasmissione Report di Rai3 a rivelare nel 2015 che Maniero ha una residenza virtuale a Campolongo Maggiore e lavora con il figlio, in un’azienda che possiede e si occupa di depurazione di acque, con tanto di certificazioni e commesse pubbliche. Che vivesse semplicemente con poco era quanto affermava lui. Si diceva però che gran parte del frutto della sua collaborazione fosse l’immenso patrimonio accumulato e messo al sicuro, dopo la consegna degli spiccioli. Quel patrimonio, stamattina, è stato ritrovato. La Repubblica