Sergio Pizzolante: La verità del voto

Le analisi più superficiali dicono che il voto alla Meloni è stato un voto contro Draghi.
O comunque un voto contro, di protesta.
L’ennesima protesta degli italiani.
Avanti un altro.
Io escludo che sia stato contro Draghi.
Ci sarebbe una contraddizione troppo evidente fra il gradimento che Draghi ha avuto e ha da parte dei ceti di istruzione e di condizione economiche medio alta e il voto contro.
La Meloni ha sfondato proprio lì.
Al nord, nelle città. Fra laureati e diplomati, fra coloro che hanno condizioni economiche alte e, soprattutto, medio alte.
Ha sostituito la Lega al nord. L’ha doppiata.
È questa la vera rivoluzione di questo voto.
Un mondo in sintonia con i governatori leghisti del nord, sostenitori di Draghi, ma che si contrappone a Salvini, preferendogli la Meloni, ritenuta più seria ed affidabile.
Che ha fatto la campagna elettorale contro il reddito di cittadinanza e per la crescita, per l’impresa e per il lavoro, contro le tasse sul lavoro in maniera netta e coraggiosa.
Solo il Pd ha più o meno le stesse performance in questo campo. Ceti medio alti.
Ed il Pd è, era, schiacciato su Draghi.
Con una differenza fondamentale fra Pd e Fdi.
Fdi sfonda anche fra gli operai.
Che, anche qui, abbandonano Salvini al nord e nei centri industriali e votano Meloni.
Ancora una volta, secondo me, ritenuta più seria e affidabile di Salvini.
E questa è un’altra rivoluzione.
Il Pd è fra i meno votati fra gli operai.
È diventato un partito classista. Ma al contrario.
Rappresenta quasi esclusivamente classi sociali elevate e dipendenti pubblici.
La Meloni raccogli preferenze interclassiste.
Imprenditori, artigiani e commercianti soprattutto, operai, pensionati.
È quasi una Dc. Non la destra estremista come la dipingono gli intellettuali estremisti di sinistra.
Il terzo polo prende voti al Pd fra i ceti alti e più istruiti. Soprattutto al nord, ma non solo.
Un bel problema per il Pd, enorme problema, decisivo, di vita o di morte, surclassato fra gli operai e incalzato da destra e dal centro fra imprenditori, dirigenti e professionisti.
Un bel problema ce l’ha anche fra i ceti meno abbienti e fra chi vive di assistenza di stato, attratti da Conte. Che si è imposto come “alfiere della lotta alla diseguaglianza”.
È una bufala. Perché quella politica spinge verso il non lavoro e lotta “per” la disuguaglianza a vita.
Ma così è percepito.
Questo il nuovo quadro della politica italiana.
Il Pd si trova in una morsa che potrebbe ucciderlo se non capisce cosa vuol fare.
Se insegue Conte muore.
La Meloni ha una enorme chance. Può diventare partito interclassista di governo di centro destra.
Calenda e Renzi hanno la possibilità di fare Macron, crescendo nell’area di centro e in quella del Pd se il Pd va verso Conte.
Vediamo.
Sergio Pizzolante