Si chiude un ciclo per San Marino…l’Infedele

Si chiude un ciclo, il ciclo della ricchezza facile e dei dilettanti allo sbaraglio, perché il mondo è profondamente cambiato mentre San Marino non ha capito o ha capito con troppo ritardo. Comincia a muoversi la pancia del Paese costituita dai lavoratori più consapevoli e dai piccoli imprenditori che apriranno nuove prospettive per la rappresentanza sociale che oggi è in crisi. I tempi della politica per non essere spazzata via, sono ridotti al lumicino e la strada per abbracciare il rinnovamento e il cambiamento è sempre più stretta. Si dovrà dare nuovamente centralità al lavoro che negli ultimi venti anni è stato sostituito dal consumo. Si dovrà valorizzare il cittadino informato, istruito, competente e responsabile per avere un controllo attivo della dirigenza politica, economica e amministrativa. Si dovrà riposizionare l’intero apparato produttivo e dei servizi valorizzando e sostenendo l’economia reale, mettendo fine al sistema concessorio, proteggendo gli investimenti e liberalizzando le imprese commerciali. Si dovranno attuare provvedimenti fiscali poco graditi, gestioni di massimo rigore nella spesa pubblica, smantellamento della burocrazia e dimagrimento della Pubblica Amministrazione.

Si dovrà procedere a tappe forzate nella internazionalizzazione del Paese attraverso la conclusione di accordi commerciali al di fuori dell’area italiana e soprattutto la richiesta di adesione all’Unione Europea con la quale va aperto senza indugio un negoziato da concludere con un referendum popolare. Si dovrà proseguire nel varo di provvedimenti legislativi e nell’adozione di comportamenti coerenti per stare dentro gli standard definiti dalla Comunità Internazionale. Si dovranno impostare misure straordinarie senza perdere altro tempo in chiacchiere, vittimismi e nazionalismi, e far capire che si profilano sacrifici oggi per non cadere in povertà domani. Si dovrà ripensare questa specie di bipolarismo imposto per legge che irrigidisce la dialettica politica, spinge verso un populismo spendaccione, accelera il declino economico, crea conflitto dentro una gabbia. Quando in un Paese manca la politica con la P maiuscola, non c’è futuro. È inutile invocare l’unità nazionale, il governone, l’ammucchiata tra chi è responsabile del disastro attuale e chi non ha responsabilità. Si deve guardare la realtà e agire di conseguenza. La sovranità, la sammarinesità le sparate anti italiane, le proposte di rivalsa, sono armi spuntate e controproducenti.

Chi fantastica il licenziamento dei lavoratori frontalieri come vendetta verso l’Italia non capisce niente di mercato e di economia. Sono e saranno le aziende a licenziarsi da San Marino e migreranno in Italia tenendosi i dipendenti italiani e mandando a casa i sammarinesi se non vorranno diventare a loro volta frontalieri. Chi pensa al piccolo cabotaggio e a limitati aggiustamenti non tiene conto che abbiamo di fronte il disavanzo di un bilancio statale non veritiero che a consuntivo non potrà essere ripianato né con debiti a breve (prestiti bancari), né con debiti a lunga scadenza (prestito obbligazionario) per ristrettezze di sistema e per mancanza di fiducia. Inoltre si consideri che alla Grecia il debito pubblico costerà l’8% con lacrime e sangue, ma ha alle spalle l’Europa da noi ripudiata e il Fondo Monetario Internazionale. Non tiene conto che avremo una forte decrescita anche quest’anno e nei prossimi anni e il governo non ha un piano per contrastarla e non ha riforme da proporre, neppure quelle a costo zero per le casse dello Stato. Non vuole ammettere l’emergenza e varare provvedimenti per la tenuta del sistema. Non si capisce a cosa pensa…se pensa. In via prioritaria il governo ha il dovere democratico, morale e politico di dire la verità e presentare un rapporto completo ed esaustivo sullo stato dei conti pubblici. È un atto fondamentale per attivare un dibattito politico e prendere finalmente la giusta direzione mettendo da parte destra e sinistra, maggioranza e opposizione, proiettandosi su cosa è bene per il Paese. Si chiude un ciclo e niente è più come prima.