Non riesco a trovare le parole per dire dell’abisso nel quale sprofondiamo con queste dimissioni di Toti.
Lo hanno arrestato per aver ricevuto dei finanziamenti regolarmente dichiarati.
Perché ricevuti da soggetti che hanno avuto a che fare con la Regione Liguria.
Come succede in tutte le regioni per tutti coloro,
presidenti , sindaci, assessori, che ricevono finanziamenti ritenuti leciti. Sino ad oggi.
Andate a vedere.
Prendete un qualsiasi Presidente di Regione , andate a vedere i finanziamenti che ha ricevuto e poi andate a vedere ancora se quei finanziatori hanno avuto a che fare con la Regione di competenza.
Andate a vedere.
Lo hanno tenuto agli arresti perché non si “rendeva conto” del “reato commesso”.
Cioè lui, Toti, nella fase preliminare delle indagini, prima del processo, prima del giudice terzo, doveva dire al suo accusatore: si sono colpevole, ho commesso un reato!
Pur non ritenendosi colpevole.
Cioè, siamo al rito del sequestro con tortura, come nella prigione di Aldo Moro, come nelle prigioni di Teheran, come nelle prigioni di Hamas, come nelle prigioni in Siberia.
Ti catturo, tu ti dichiari colpevole e ti libero.
Se ti dichiari innocente sei agli arresti sino a quando non ti dichiari colpevole.
E se non ti dimetti questa è la prova che sei un criminale. Perché potresti continuare, facendo il
Presidente di Regione, facendo politica, a commettere quelli che tu non capisci che sono reati.
Perché noi lo abbiamo deciso.
Quindi Toti non ha resistito e si è dimesso.
Per la sua vita ha deciso che fosse meglio conquistare la libertà, costi quel che costi, che resistere. Lo capisco.
Lo capisco ancor più quando vedo le opposizioni manifestare contro un prigioniero. Contro un prigioniero. Vergogna infinita.
Lo capisco ancora di più quando vedo i partiti di maggioranza timidi, pavidi.
Lo capisco ancora di più quando vedo un governo che si volta dall’altra parte.
Lo capisco ancora di più quando vedo un Capo dello Stato che vede i rischi per la democrazia ovunque meno che a Genova. Meno che a Genova e nelle molte Genova di questi ultimi trent’anni.
Un grande abbraccio Giovanni. Un grande abbraccio.
Questo è un paese dal quale fuggire.
Andare.
Sergio Pizzolante