“Anche a San Marino un piano anti-crisi per sostenere l’economia reale”. Lo afferma la Confederazione Democratica di fronte ai primi contraccolpi della tempesta finanziaria mondiale, chiudono aziende produttive , serrano i ranghi aziende “storiche sammarinesi” chiedendo ammortizzatori sociali per i loro dipendenti, altre vedi PUNTO SHOP ottengono dal tribunale la “amministrazione controllata” per aver accumulato troppi debiti , 120 dipendenti circa , forse messi alla porta , un piano di rilancio pronto? Forse , ancora se ne discute.
Chiude un altra azienda del settore motoristico, la V. S: San Marino con 16 dipendenti , dopo la MV AGUSTA chiusa mesi fà, e dopo la sallimentare esperienza dell’APRILIA di qualche anno fà. Chiudono i battenti alcune altre aziende minori. Insomma si respira aria di vera crisi , è la congiuntuira ? Sì , probabilmente , quello che stà succedendo nel mondo è fatto di sistemi economici che si stanno fermando, di cittadini che non consumano , se non le cose di prima necessità.
Molti commenti sulla grave crisi finanziaria tendono a minimizzare l’accaduto invocando a testimonianza il modello inglese, che ha scelto la strada dei servizi finanziari ed è cresciuto per un decennio più della media europea.
Quale ricetta quindi per un sistema che, al di là delle apparenze, rischia di generare ineguaglianze sempre più grandi e di non supportare più lo sviluppo?
La soluzione non sta in uno statalismo desueto dove le perdite private siano nazionalizzate. Occorre guardare alla situazione reale della gente. Senza nascondersi la necessità di operare una riforma globale del sistema macro-economico, i nuovi conservatori britannici si pongono come obiettivo la possibilità dell’autosufficienza di fasce sempre più grandi della popolazione attraverso la promozione di un’imprenditoria diffusa, una pluralità di forme di proprietà, una facilità ad acquisire capitali da usare per finanziare l’economia reale, un rilancio del sistema economico locale onshore, attraverso la decentralizzazione delle funzioni economiche e amministrative e dei finanziamenti pubblici.
il rifiuto di un semplice ritorno allo stato assistenziale con un taglio alla spesa pubblica; la centralità dell’economia reale. Nei fatti ,dal sostegno alla piccola e media impresa e dalla difesa delle esportazioni , la riproposizione di una finanza privata che sostenga grandi investimenti anche pubblici. E perchè no, ANCHE LA NECESSARIA RIFLESSIONE DI COSA SIAMO, e se è giunto il momento di ENTRARE IN EUROPA (se ci vogliono).
Certo, la recessione può portare a una disoccupazione. Quando parliamo di effetti sull’economia reale, non pensiamo soltanto al fatto che le imprese allenteranno gli investimenti e avranno più difficoltà nell’acceso al credito, ma che tenderanno ad aumentare la Cassa integrazione e i licenziamenti». Diverse le soluzioni pensate, solo con un piano concreto si uscirà dall’empasse . Lo Stato deve intervenire con un piano anticrisi. Non lo STATO PADRONE , ma uno STATO GOVERNATO , che si adoperi per reperire risorse , (subito una patrimoniale?) per rilanciare gli investimenti,indicando concrete prospettive di sviluppo a quelle imprese che hanno saputo creare ricchezza e occupazione.
a cura di V/S Cicero