Sinistra e alfaniani scontenti sulle barricate, pronti a votare no

RenziNIENTE trattativa. Il muro interno al Pd sulla riforma del Senato resta alto e solido. Come gli emendamenti, intonsi. I renziani, con il vicesegretario Lorenzo Guerini, ammoniscono: «Non si torna al punto di partenza». Ma «senza la revisione dell’articolo 2», ha risposto Vannino Chiti, «l’intesa è impossibile». Anna Finocchiaro, relatrice e presidente della Commissione Affari Costituzionali di palazzo Madama, anche ieri andava sostenendo che «si voterà solo quando verrà raggiunta l’intesa», solo che all’orizzonte è nebbia fitta. E il tempo stringe.
Ieri è tornato alla carica pure Pierluigi Bersani. Che l’ha presa larga («Nessun partito nella storia d’Italia ha mai chiamato alla disciplina davanti alla Costituzione») per arrivare poi al punto: «Qui non è in gioco il superamento del bicameralismo o del doppio voto di fiducia, tutti vogliono una riforma. Qui è in gioco se, dopo la legge elettorale che Renzi ha voluto, possiamo avere in Italia un Parlamento nel quale la grandissima parte dei membri viene nominata o scelta a tavolino: questo è il tema». Un nodo pesante. Perchè, diceva ancora Bersani, «non si può scrivere una cosa sul listino su un articolo della Costituzione e poi poco dopo scriverne un’altra. Bisogna decidere quale ruolo dare agli elettori».

NON BASTA che gli esponenti del governo continuino a minimizzare: ieri, per dire il clima che si respira a Palazzo Madama, nella riunione della minoranza dem la tensione era alta, segno che la quadra resta lontana. Forse troppo, se persino il presidente del Senato, Piero Grasso, si è sentito in dovere di scuotere le parti auspicando uno sforzo per aprire «un confronto vero, non sui giornali» visto che la sessione di bilancio si avvicina e poi sarebbe tardi. Intanto, c’è pure un’altra parte della maggioranza che accusa il clima: quell’Area Popolare che sta cercando in ogni modo di affossare la legge sulle unioni civili. Un boicottaggio che non vuol tenere in alcun conto persino l’ennesimo richiamo giunto ieri dal Parlamento Ue, che ha intimato all’Italia di mettersi in regola. Il muro è alto tra Pd e Ap. Il senatore centrista, Carlo Giovanardi, si è di nuovo scagliato contro la relatrice della legge, la piddina Monica Cirinnà, che ha confermato «la volontà di mantenere la norma sulle adozioni e quindi l’utero in affitto e la reversibilità delle pensioni. Non se ne parla proprio».

LA QUESTIONE delle unioni civili s’intreccia, dentro Ncd, con la ferma volontà di rivedere l’Italicum. Alfano sembra certo che Renzi cambierà la legge elettorale «perché conviene anche a lui il premio alla coalizione», ma se questo non dovesse avvenire, dell’attuale compagine Ncd (69) si salverebbero 10, al massimo 15 parlamentari. Ecco perchè tra gli alfaniani sarebbe in corso un corposo tentativo di riposizionamento, con una riunione di una quindicina di senatori arrabbiati (riportata dall’
Huffington Post) che, però, il coordinatore nazionale Ncd, Gaetano Quagliariello, si è affrettato a smentire. Verdini, si dice, sta facendo proseliti, ma pare che anche calibri come Formigoni, Schifani e Compagna sarebbero pronti a non votare la riforma del Senato se prima non avranno ‘garanzie’ di rielezione.

Fonte: LA STAMPA