QUESTO apre nuovi fronti sul dossier Siria. Quale prezzo siamo disposti a pagare per una totale mancanza di politica europea? L’esercito iracheno, per moltissimo tempo ancora, non sarà in grado di combattere l’Isis; eppure noi continuiamo ad addestrarlo, per l’ennesima volta. Stessa sorte per le armate siriane, addestrate da altri Paesi. E allora sgombriamo il campo da ulteriori equivoci, facciamo come Europa quello che gli altri non fanno. Non possiamo delegare una nostra guerra ai Paesi arabi. Mandiamo più di 150mila uomini in Siria e Iraq per almeno tre anni e cerchiamo di risolvere il problema dove si è manifestato. Non potrà mai accadere, i Parlamenti europei sono troppo divisi. Continuano a illudersi che esistano politiche capaci di tenerci lontani dai rischi, in modo da consentirci di continuare a litigare sui temi nazionali. Ma l’animosità dei polli di Renzo non ha dilazionato il loro destino: quello di finire in pentola.
La sicurezza di un Paese è una questione seria, è un affare che deve essere affrontato con un forte senso di responsabilità nei confronti della comunità che si vuole proteggere. E invece le ambizioni politiche sovrastano la logica e il raziocinio. Nessuno può dire che i terroristi non arriveranno mai a bordo dei barconi, mischiati con le centinaia di migliaia di profughi. Ma, finché non ce ne sarà uno che venga catturato, non si può continuare a trattare la dinamica della grande fuga, attraverso il prisma della paura. Sicuramente nel mare magno dei profughi, ci saranno persone che non sognano un’Europa solidale. Ma gli attentati degli ultimi dieci anni in Europa, da Londra a Bruxelles, in Canada e in Australia, dimostrano come gli attentatori siano locali; cittadini di origini diverse ma con il passaporto dello stesso colore delle loro vittime. Chi in Europa ha seminato terrore è cresciuto in Europa. Va in Siria ad addestrarsi e torna qui per fare stragi. Forse è il caso di accorgersi che mettere la polvere sotto il tappeto non rende pulita la casa. La mancata applicazione delle leggi ci rende tutti più deboli. Un esempio? Permettere che le donne camminino con il volto coperto, nelle nostre città, non è un atto di rispetto verso fedi altrui. È un errore perché la legge italiana non permette che si possa andare in giro velate.
LA SICUREZZA è anche un affare di partecipazione, è nel senso dello Stato che una comunità possiede. Nessuno pensa a squadre di vigilantes in giro per le periferie, ma non ha alcun senso gridare al lupo perché i terroristi vengono qui a fare stragi, e poi restare inermi se i budget delle forze armate, delle forze dell’ordine e i bilanci della difesa vengono ridotti. I problemi vanno risolti dove si manifestano, non in casa propria. L’immigrazione clandestina non è un problema di barconi, come il problema della mafia non è la coppola. L’Italia è una nazione dove il peso della politica estera, nei media e nel dibattito politico, è pressochè pari a zero. E cittadini meno informati sono sicuramente cittadini meno consci. Eppure bisogna prendere atto che non esiste più la politica interna, nonostante lo strenuo tentativo di alcuni illusi. Le nostre leggi passano tutte al vaglio di Bruxelles, ormai tutto è politica estera. Trattare centinaia di migliaia di persone che sbarcano nei vari Paesi come problema interno, si rivela un pericolosissimo provincialismo, che ci rende non solo meno competitivi, ma anche più vulnerabili.
COLLEGATA a questo, c’è la questione di una intelligence europea che tutti vorrebbero. Ma parlare di forze armate e servizi segreti europei è una delle maniere più semplici, da parte dei politici, di manifestare la propria inadeguatezza. Le forze armate, come l’intelligence, sono uno strumento di sovranità nazionale. Se non esiste l’Europa, non può esserci un servizio segreto europeo. La collaborazione tra servizi segreti dell’Unione è a livello eccellente, perché testata da moltissimi anni di rapporti all’interno della Nato. Quello che manca in molte nazioni, non in Italia per fortuna, è il dialogo tra servizi segreti e forze armate della stessa nazione. Se la polizia belga o i servizi avessero avvertito gli altri dei movimenti di Salah o di Abaaoud Abdelhamid, forse i due potevano essere bloccati prima. Senza bisogno di sognare una grande intelligence su scala continentale.
Resto del Carlino