Sopravvissuta Tova Friedman, l’odio cresce

(di Mauretta Capuano) (ANSA) – ROMA, 26 GEN – TOVA FRIEDMAN E MALCOLM BRABANT, LA
BAMBINA DI AUSCHWITZ
(NEWTON COMPTON, PP 288, EURO 9,90- EBOOK 5,99). Raccontare per
non dimenticare. Non lasciare che l’oblio cancelli tutto. Tova
Friedman, deportata a sei anni nel campo di concentramento
nazista di Auschwitz-Birkenau, tra le più giovani sopravvissute
al campo di sterminio, si è battuta tutta la vita perché nulla
venga dimenticato. “L’Olocausto, il crimine peggiore nella
storia dell’umanità, risale a meno di ottant’anni fa e sta già
svanendo dalla memoria?” sottolinea nella prefazione al suo
memoir ‘La bambina di Auschwitz’, scritto con l’inviato di
guerra e amico Malcolm Brabant, in libreria per Newton Compton
per la Giornata della Memoria del 27 gennaio. Dare voce a chi non può parlare, rappresentare il milione e
mezzo di bambini ebrei assassinati dai nazisti. E’ questo il
compito, o meglio “l’obbligo” del sopravvissuto dice la Friedman
che nel libro ripercorre la sua storia con lo sguardo di una
bambina che a quattro anni è scampata alle esecuzioni di massa
nel ghetto della città polacca in cui viveva insieme alla sua
famiglia. Salita due anni dopo su uno dei treni diretti verso
l’inferno in terra, la piccola Tova è stata testimone di
terribili atrocità. Ha parlato dell’Olocausto per gran parte
della sua vita adulta perché la gente non dimentichi. La sua
principale preoccupazione è oggi, più di un tempo l’incapacità o
la non volontà di ricordare nonostante i racconti fatti da lei e
dagli ultimi sopravvissuti. “Sono rimasta senza parole quando ho
scoperto il grado di ignoranza rilevato da un’inchiesta tra i
giovani americani, commissionata dalla Conference on Jewish
Material Claims Against Germany e pubblicata nel settembre del
2020. I due terzi degli intervistati non avevano idea di quanti
ebrei fossero morti nell’Olocausto. Quasi il cinquanta per cento
non ha saputo dire il nome di un campo di concentramento o di un
ghetto. Secondo il ventitré per cento, l’Olocausto è una
leggenda o è stato ingigantito. Il diciassette per cento ha
affermato che è accettabile sostenere posizioni neonaziste. Nel
2018 un’inchiesta simile, questa volta in Europa, ha mostrato
che un terzo degli intervistati sapeva altrettanto poco
dell’Olocausto o addirittura non lo aveva mai sentito nominare.
    Inoltre, il venti per cento pensava che gli ebrei avessero
troppa influenza nel mondo degli affari e della finanza”
sottolinea Tova nella prefazione. E mette in guardia “da uno dei
fenomeni in più rapida crescita, l’odio; odio di ogni tipo, ma
soprattutto nei confronti delle minoranze. Ovunque siate nel
mondo, vi imploro, non ripetete la storia di
cui sono stata vittima”.
    Oggi, a 84 anni, Tola Grossman, vero nome di Tova, nata a
Gdynia, in Polonia, nel 1938, un anno prima che scoppiasse la
seconda guerra
mondiale, non solo ha trovato le parole per raccontare un dolore
che nella maggior parte dei casi viene tenuto in uno scrigno
segreto, ma ha avuto la forza di condividerlo, grazie all’aiuto
del nipote, anche su TikTok, attivando un suo canale seguito da
oltre 476mila follower. In uno dei video mostra il braccio con
il numero identificativo “A-27633” tatuato nel campo di
concentramento. Al posto di “sindrome del sopravvissuto” ha
abbracciato una nuova espressione, “crescita del sopravvissuto”,
attraverso cui “uso attivamente le mie esperienze per creare una
vita significativa in onore di coloro che hanno perso la loro
nell’Olocausto”. E del conflitto in Ucraina “si ricordi –
sottolinea – l’importanza di aiutare chi viene colpito dalle
devastazioni della guerra”.
    Trasferita in America dopo essere sopravvissuta alle
persecuzioni, sposata con Maier Friedman, in seguito ha
iniziato a chiamarsi
Tova. Psicologa, per 25 anni è stata direttrice di un’agenzia di
servizi sociali, vive nel New Jersey. Numero “A-27633” come
mostra il tatuaggio sul braccio che si vede in uno dei video su
TikTok “ricordate – dice – che l’Olocausto iniziò meno di
vent’anni dopo il Mein Kampf di Adolf Hitler. Nell’era di
Internet, il cambiamento può avvenire molto più rapidamente
rispetto a ottant’anni fa. Dobbiamo essere sempre vigili e
abbastanza coraggiosi da alzare la voce per farci sentire”.
    Nel libro, che spera faccia arrabbiare, racconta la paura quando
sentiva parole chiave che le si si impressero nella mente come “Gestapo”, “SS”, “Aktion”, “Razioni”, “Margarina”, “Hitler”, “Morto stecchito per strada” e “Fame”. (ANSA).
   


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