Il tecnico giallorosso dopo la lite col capitano: “Ci siamo chiariti, devo intervenire sulle regole. Quello di Bergamo è un gran gol, ma i meriti sono di tutti: un giocatore non è una squadra. E non mi faccio intimorire da quello che si dice: c’è chi ferma mia moglie…”
“Io ho un capitano, ma ho anche una squadra. Non ho né padre, né madre, né parenti, né sentimenti quando faccio la formazione. Io penso solo a far vincere la Roma e penso a tutti i miei calciatori, e se Totti interpreta queste mie scelte diversamente è un problema suo, non mio. Abbiamo vinto delle partite anche senza di lui, io sono qui per far rispettare delle regole e per vincere. Se non succedono cose che riguardano la proprietà io rimarrò qui anche il prossimo anno”. Avviso ai naviganti: Luciano Spalletti non arretra di un millimetro. Magari, ammette, “ripensandoci il giorno dopo, si possono fare scelte sbagliate come toni e tempistiche”, ma il concetto espresso dopo il pareggio contro l’Atalanta è sempre quello: “È corretto dire che Totti salva la Roma, ma non che è la Roma. Ci sono tanti calciatori, perché quando parlate del gol di Francesco non parlate dell’azione di Perotti, del movimento di Dzeko, dei contrasti spaccagambe di El Shaarawy? Io – spiega il tecnico – devo pensare a tutti, intervenire e moderare quando si dice che la Roma dipende solo da questo o quel calciatore. Non mi faccio intimorire da quello che si scrive o si dice, c’è anche chi ferma mia moglie mentre va a fare la spesa e le dice che il marito dovrebbe tornare a Ponte Vecchio”. La Gazzetta.it