Sport: la pallavolista Lugli citata per danni per la gravidanza. Sbrollini: ‘Caso da Medioevo’

“Lara Lugli, pallavolista tesserata della Volley Pordenone in B1, citata per danni dalla sua società per essere rimasta incinta, è l’emblema di come le donna nello sport sia ancora vittima di atteggiamenti che hanno radici medievali”. Lo afferma Daniela Sbrollini, senatrice e responsabile del Cantiere Cultura e Sport di Italia Viva commentando la vicenda dell’atleta, come raccontato dalla Gazzetta dello Sport. Una storia non isolata, e che come ultimo, eclatante precedente quello nello scorso autunno della palleggiatrice americana del Casalmaggiore, Carli Lloyd, insultata dai tifosi all’annuncio della sua gravidanza, e per questo tornata a casa sospendendo la sua partecipazione all’A1.

Così Assist, l’associazione nazionale atlete chiede l’intervento del Governo a tutela delle donne nello sport, con una lettera al premier, Mario Draghi.

“La storia di Lara – prosegue Sbrollini – è quella di centinaia di atlete che si ritrovano nella sua situazione e che si vedono negare mensilità, rescindere contratti o anche semplicemente, il diritto ad accogliere una gravidanza con gioia. Chi considera una gravidanza un danno dovrebbe vergognarsi. Nessuna donna deve sentirsi inadeguata e inopportuna” conclude.

Assist ha invece annunciato una lettera a Draghi e al presidente del Coni, Giovanni Malagò, chiedendo un incontro per capire “cosa intendano fare per mettere fine alla vergognosa situazione per la quale le donne italiane, non avendo di fatto accesso alla legge 91 del 1981 sul professionismo sportivo, vengono esposte a casi clamorosi come quello dell’atleta Lara Lugli”.

“Questo caso – afferma la presidente di Assist Luisa Garribba Rizzitelli – non solo non è unico e non riguarda certo solo il volley. Pur avendo ottenuto due anni fa un piccolo intervento a supporto delle atlete con l’istituzione del Fondo per la maternità, la realtà mostra con violenta evidenza che, non esistendo il diritto a vedere riconosciuto il lavoro sportivo, se non esclusivamente quando accordato in modo unilaterale dai datori di lavoro, le atlete di tutti gli sport e gli atleti delle discipline ancora non professionistiche, sono condannati a rapporti di lavoro nero e alla complicità forzata in una logica di economia sommersa”. Assist rilancerà inoltre una petizione sulla piattaforma Change.org per la quale erano state già raccolte oltre 25mila firme contro il professionismo negato alle donne.
   


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