Una folla immensa, stimata in oltre 200.000 persone, ha invaso ieri lo State Farm Stadium per l’ultimo saluto a Charlie Kirk, l’attivista conservatore ucciso nei giorni scorsi. Dalle prime ore del mattino, cittadini provenienti da ogni angolo degli Stati Uniti hanno raggiunto l’Arizona per rendere omaggio a chi, a loro dire, aveva saputo incarnare fede, patriottismo e battaglia politica.
Il momento centrale è arrivato con l’intervento del presidente Donald Trump, accolto da un’ovazione e apparso sul palco dopo aver scambiato sorrisi e strette di mano sugli spalti con Elon Musk. Il capo della Casa Bianca ha tracciato un ritratto personale di Kirk, definendolo un punto di svolta nella sua carriera politica e ricordandone il coraggio mostrato nelle università americane. Non sono mancati attacchi alla “sinistra radicale”, bersaglio costante dei suoi comizi.
L’atmosfera si è fatta ancora più intensa quando Erika Kirk, vedova dell’attivista, ha preso la parola. Con voce spezzata dall’emozione e le mani alzate verso il cielo, ha promesso di continuare la missione del marito. Nel suo discorso, tra lacrime e applausi, ha raccontato di aver visto sul volto di Charlie un sorriso anche dopo la morte e ha compiuto un gesto che ha commosso lo stadio: il perdono al giovane responsabile dell’omicidio. Un atto che ha suscitato applausi scroscianti e ha dato una chiave spirituale a tutta la cerimonia.
Dopo di lei, sono saliti sul palco diversi esponenti dell’amministrazione Trump. Robert F. Kennedy Jr, ministro della Sanità, ha paragonato Kirk a Gesù. Marco Rubio, segretario di Stato, ha parlato di “assassinio politico”, mentre JD Vance lo ha definito “martire della fede”. Per il capo del Pentagono Pete Hegseth era un “eroe armato solo di un microfono”, mentre la direttrice della National Intelligence lo ha ricordato come “guerriero della verità e della libertà”.
La retorica si è fatta sempre più accesa con Stephen Miller, vice capo di gabinetto, che ha promesso di “portare a termine il suo lavoro” e con Donald Trump Jr che ha scandito: “We are all Charlie”, invitando a non piegarsi alle intimidazioni.
La cerimonia si è chiusa con un gesto simbolico: l’abbraccio tra Trump ed Erika Kirk davanti alla folla, mentre il presidente rilanciava il suo slogan “fight, fight, fight”, assicurando che la battaglia politica e culturale proseguirà nel nome di Charlie Kirk.