Stop alle auto a benzina e diesel dal 2035: via libera definitivo dal Parlamento Ue

Via libera definitivo del Parlamento europeo al piano Ue sul blocco definitivo alla vendita di auto e altri veicoli inquinanti (quindi alimentati a benzina e diesel) di nuova immatricolazione a partire dal 2035. L’emiciclo di Strasburgo ha approvato la norma parte di Fit 55 con 340 voti favorevoli, 279 contrari e 21 astenuti. Il nuovo regolamento è passato grazie al sì di Socialisti e Democratici, dei Verdi, delle Sinistre e di un’importante fetta dei liberali di Renew. Netto anche l’appoggio della delegazione del M5S dai non iscritti. Minoritaria (venticinque membri), invece, la fetta del Partito popolare europeo che ha votato a favore dello stop.

Il 2035 è stato indicato dal Parlamento Europeo e dalla Commissione Europea come data-limite per la definizione del passaggio definitivo alla produzione di auto elettriche. Ma in vista della revisione della norma sull’auto prevista per il 2026, il Partito Popolare Europeo si prepara a dare battaglia per garantire maggior pragmatismo.

La messa al bando totale dei motori a combustione dal 2035 e la conseguente elettrificazione a tappe forzate è un grave errore industriale e politico, che mette a rischio migliaia di aziende e fino a 500mila posti di lavoro nella filiera dell’auto“, ha dichiarato in Commissione Trasporti l’eurodeputato di Forza Italia Massimiliano Salini, relatore del Ppe in Commissione Tran sul regolamento relativo agli standard di emissioni per auto nuove e veicoli leggeri.

Salini si è scagliato già in passato contro l’eccessivo zelo ideologico e il rifiuto della neutralità tecnologica da parte degli operatori politici, e in questo caso rincara la dose: dato che l’auto europea rappresenta solo l’1% delle emissioni mondiali, rottamare un comparto industriale in nome dello zelo ideologico è rischioso e non porterà benefici all’ambiente. Salini parla a nome del Ppe e rilancia: “votiamo contro un accordo che di fatto misconosce ideologicamente il principio di neutralità tecnologica, operando una scelta ipocrita anche sul piano dell’anidride carbonica“.

La decisione, nota Salini, “al momento fa felici solo gli ultrà di un ambientalismo burocratico e superficiale, sordo alle esigenze di famiglie e imprese“. Tra i punti critici segnalati da Salini si sottolinea “l’enorme incertezza circa la decarbonizzazione della produzione di elettricità” che va di pari passo con l’accelerazione e la fissazione di paletti troppo stringenti per il comparto auto. Il calcolo delle emissioni al tubo di scarico e non sull’intero ciclo di vita dei veicoli, come propone di cambiare il Ppe, rischia di rendere “propaganda” la norma. E infine c’è il problema di fondo che su queste colonne aveva già fatto notare il manager Andrea Taschini della dipendenza industriale dalla Cina.

Questo tema unisce la maggioranza italiana anche in Europa. Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia da tempo sono contrari a tale misura così come alla svolta dell’Unione Europea sulle case “green” destinata a essere votata a mazo dall’Eurocamera. Ora che la norma è passata la palla va in mano a governi e maggioranze politiche, che devono negoziare eventuali emendamenti ragionevoli per far sì che al momento della verifica della fattibilità della transizione, nel 2026, l’Europa non si trovi sul sentiero della demolizione della sua industria automobilistica per fini ideologici. Una svolta che riguarderebbe da vicino anche l’auto italiana, parte della catena del valore del settore nel Vecchio Continente. E che non può essere sacrificata per un ambientalismo di puro marchio ideologico.


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