Storie di vita ucraina E di un’Italia a due volti. Gioia e vergogna. … di Sergio Pizzolante

Sono con noi, da alcuni mesi, due giovani mamme e sorelle, Marina e Leysa e tre ragazzi, Marianna, 17 anni, Dima, 14, Ivan, 10, tutti fuggiti dalla guerra.
Ricordo i volti distrutti e spaventati all’arrivo, di notte. 4 giorni di viaggio.
I due giovani mariti( e padri) sono rimasti a Kiev, in attesa di essere chiamati a combattere.
Sono stati chiamati. Pochi giorni fa.
Avevano piccole attività imprenditoriali. Non ci sono più. Ci sono adesso frammenti di bombe.
Marina e Leysa adesso lavorano. Le due famiglie adesso hanno redditi propri, una casa, una macchina, non devono vivere di aiuti. Il volto delle mamme è più sereno. Una azienda con sede a San Giovanni in Marignano se ne è fatta carico.
Bel gesto, di un’Italia bella.
Dima è un piccolo campione di Judo, si è immediatamente inserito nella squadra della Polisportiva di Riccione. È bravo, molto, il suo allenatore è entusiasta. Gira l’Italia, rappresenta Riccione insieme a Kiev. Sempre.
Ivan nuota nella piscina dove ha nuotato Federica Pellegrini.
Bella cosa di una Italia Bella.
Marianna ha dovuto interrompere gli studi universitari appena iniziati.
Ieri sera a cena ci ha salutati, parte per il Canada, dove sarà ospite di parenti, dove proseguirà gli studi.
Lascia la mamma e il fratello a Riccione, il papà a combattere, sradicata da tutto, va lontano per vivere e studiare.
A cena ieri sera c’era un’altra famiglia ucraina, arrivata da poco, Serghey, il padre ha trovato lavoro nella stessa azienda. La moglie si chiama Sofia. Hanno due bambini, 4 anni e 7. Parlano italiano perché da un po’ d’anni frequentano una clinica di Monza. Perché il dolore a volte si somma ad altro dolore.
Erano a Monza quando è scoppiata la guerra.
Adesso sono qui da noi.
Hanno un lavoro, i servizi sociali del Comune di Rimini si stanno attivando per proseguire nel percorso di cure.
C’è anche una bella Italia che funziona.
Sergey questa mattina è partito per Brescia. Va a prendere il fratello di Sofia, in un campo profughi. Un ragazzo di 12 anni. Suo padre combatte. Sua madre sta morendo in ospedale in Ucraina.
Ma che gioia ieri sera.
Tutti quei bambini insieme.
Insieme ai miei nipoti.
Parlavano, giocavano, non so in quale lingua.
Quella dei bambini.
Ma che tristezza.
Quanta violenza, ingiustizia, dolore.
Però quanta forza.
Li guardavo in faccia e vedevo forza, dolcezza, dignità , fiducia.
Sofia è di Leopoldi.
Serghey di Kherson, adesso occupata.
Raccontavano che adesso agli uomini e alle donne di Kherson è fatto obbligo diventare russi.
Senza passaporto russo non possono lavorare, andare a scuola, telefonare.
C’è una brutta Italia che pensa che la pace corrisponda alla resa. Di queste persone.
A tante Kherson.
Non ho avuto il coraggio di dirlo a Sofia, a Marina a Leysa agli altri.
Provavo vergogna.
E un senso d’ansia.
Quelle persone, tutte, a breve parleranno l’italiano.
Guarderanno le televisioni italiane. I Talk.
Sapranno leggere i social in italiano.
Scopriranno i Travaglio, i Santoro, i Conte!
Che vergogna che provo.
Sergio Pizzolante