Stupidario della guerra: quella gara tra i grillini a chi la spara più grossa

La crisi ucraina ha messo a dura prova le competenze storiche e geografiche della classe politica italiana. Già capire dove collocare il Donbass è stato impegnativo, ma ci si è messa anche la conformazione geografica dell’Ucraina, con non uno ma addirittura due mari a bagnarne le coste, poi memorizzare i confini (a nord con la Bielorussia, a ovest con la Polonia, a sud con la Moldavia ma occhio che dentro c’è anche la Transnistria…). Uno sforzo cognitivo che non veniva richiesto fin dall’esame di terza media. Molti parlamentari sono crollati psicologicamente. E sono fioriti strafalcioni, gaffe, errori clamorosi. La collezione migliore arriva (ma era prevedibile) dai Cinque stelle, a pari merito con gli ex Cinque Stelle, selezionati non a caso con gli stessi criteri. Il sottosegretario Carlo Sibilia, già noto alle cronache, si è emozionato il 17 marzo facendo gli auguri «alla nostra Repubblica», una data – ha scritto – che «assume un valore speciale perché cade in un frangente storico, col terribile conflitto ucraino, che ci fa apprezzare l’importanza di vivere in un Paese libero e democratico». Peccato che il 17 marzo 1861 sia nato il Regno d’Italia, non la Repubblica italiana. Notevole anche la performance in Senato di Paola Nugnes, ex M5s ora al Misto, che nel suo intervento, forse sconvolta dalla drammaticità del momento, ha parlato per due volte di «Ugraina», con la g, e ha citato «Naomi Chomsky», l’accademico americano che in verità di nome fa «Noam». In una interrogazione parlamentare undici senatori tutti ex M5s hanno chiesto al governo di non condividere l’esclusione degli atleti russi e bielorussi dalle competizioni sportive, visto che «l’intero consesso sportivo mondiale partecipò nel 2018 alle Olimpiadi di Pyongyang, proprio nel periodo in cui la Corea del Nord era stata accusata da tutti gli organismi internazionali di violare i diritti umani e di voler scatenare una guerra globale grazie agli esperimenti nucleari che stava conducendo». Piccolo dettaglio: le Olimpiadi si tennero a PyeongChang, nella Corea del Sud. Se si parla di gaffe Danilo Toninelli non può mancare, e infatti non manca. In una diretta social l’ex ministro M5s ha spiegato che l’Ucraina «fa parte dell’Unione europea», peccato però che il paese sotto attacco militare russo non faccia assolutamente parte dell’Ue. Proprio tra i grillini si trovano i parlamentari putiniani più o meno espliciti. Uno di loro, il deputato Nicola Grimaldi, ha chiesto che oltre all’intervento di Zelensky il Parlamento italiano organizzi una videoconferenza pure con Putin, «per sentire anche la controparte». Il senatore Vito Petrocelli, presidente della commissione Affari esteri, il 21 febbraio non ha trovato niente di meglio che pubblicare la dichiarazione del portavoce di Putin definendola «un fatto» («La Russia è l’ultimo Paese in Europa che vuole anche pronunciare la parola guerra»). Questo tre giorni prima dell’attacco russo all’Ucraina.

Nella categoria «io lo avevo detto» c’è Piero Fassino, presidente della commissione Esteri della Camera, noto per le profezie che si avverano al contrario. «Non prevedo l’invasione dell’Ucraina, arrivare a Kiev sarebbe azzardato per Putin» ha vaticinato all’inizio delle operazioni militari.

Svarioni anche in campo giornalistico, inevitabili nelle lunghe maratone. Il Tg1 ha preso per buona una finta copertina del Time con Putin con baffetti hitleriani, il Tg2 ha mandato in onda un videogioco di guerra scambiandolo per una «pioggia di missili» sull’Ucraina, Giletti a Non è l’Arena ha parlato di uno «straordinario diario sulla Prima Guerra Mondiale scritto proprio da Dostoevskij», morto nel 1881. Storia e geografia, vittime collaterali del conflitto.


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