
(ANSA) – ROMA, 24 APR – “Una liberazione. Ho avuto un po’ di
paura ma sono contenta di essere a casa, ringrazio tutti per gli
sforzi. Non so se tornerei in Sudan”. Lo ha detto Costanza
Matafù, 34 anni, di Messina, appena scesa dal volo arrivato a
Ciampino. Sua madre Aurora sorride: “Buona festa della
Liberazione” dice alludendo al 25 aprile. “Abbiamo visto la
morte attorno a noi – ha aggiunto la ragazza – ma ora siamo al
sicuro. Lì è molto pericoloso. Abbiamo sentito rumore di bombe e
di spari. Non me l’aspettavo. Avevamo sentito di soldati ma non
pensavamo che sarebbe successo questo. Siamo scioccati, non
avevamo mai vissuto una simile esperienza”.
Anna invece viveva a Khartoum “da una vita – racconta – una
situazione indescrivibile. Sono molto triste per chi rimane.
Siamo stati aiutati dall’ambasciata, non è stato difficile. Noi
lì abbiamo un ristorante italiano, una parte di casa nostra è
stata colpita. Allora ci siamo rivolti all’ ambasciata, ci hanno
aiutati”.
“È successo tutto in poche ore” afferma invece Francesco
Cirelli, romano di 74 anni, pensionato del settore del petrolio.
Viveva a Khartoum nel quartiere Kafuri con la moglie medico.
“Nessuno si aspettava nulla” aggiunge lodando poi
l’organizzazione del rientro. Trova anche la forza di scherzare: “Il campo a Gibuti c’è sembrato il villaggio vacanze”. Francesco
riferisce di una “sensazione di pericolo, senti gli spari
vicini, e poi bombe, aerei, la contraerea… L’ambasciata l’ho
contattata io con un numero speciale. Era già chiusa, assieme
agli altri punti strategici come i palazzi presidenziali. La
maggior parte del fuoco era lì”. (ANSA).
—
Fonte originale: Leggi ora la fonte