Sul fronte Occidentale, urlo pacifista dalle trincee

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Il trauma della guerra che non passa mai, gli effetti collaterali di chi sopravvive rivivendoli negli incubi notturni e nelle disperazioni quotidiane, il romanzo dello scrittore tedesco Erich Maria Remarque, che era lui stesso un reduce della Prima Guerra Mondiale, NIENTE DI NUOVO SUL FRONTE OCCIDENTALE fu un grande successo popolare della fine degli anni Venti quando in quelle pagine tragiche si ritrovavano proprio tutti i sopravvissuti. Poi bandito nel ’29 e messo al rogo nazista voluto da Goebbels nel ’33 tra i libri ‘degenerati’ ebbe fortuna in Svizzera e anche in Italia tradotto nel 1931 per Mondadori da Stefano Jacini, stampato ma non distribuito. E poi ancora rilanciato dal 1945, diventando anno dopo anno un testo fondamentale del pacifismo perchè la storia della “gioventù di ferro” chiamata a difendere la Germania ad ogni costo e a morire (17 milioni furono quei morti tra il 1915 e il 1918) è una storia che ripudia la guerra e la sua follia. Quelle pagine crude, a tratti insopportabili, che hanno formato generazioni – già in un film premiato con l’Oscar nel 1930 con la regia di Lewis Milestone -sono ora diventate un film livido e tragico, ad altezza trincea, sangue e baionetta che è entrato di prepotenza nelle shortlist per le nomination agli Oscar in ben cinque categorie, inclusa quella per miglior film internazionale. Come il romanzo, il film in streaming su Netflix è un grido altissimo contro la guerra che uccide senza pietà e che rende spettri senz’anima chi torna. Ed è ancora di una attualità sconcertante. Per l’occasione Neri Pozza in Italia ha rieditato il romanzo di Remarque, ancora così potente per i ragazzi ormai oltre 90 anni dopo. “Volevamo trascinare lo spettatore nel fango” ha detto il regista EDWARD BERGER, tornato al successo dopo la serie tv del 2015 la spy story sulla guerra fredda Deutschland ’83 e attualmente impegnato in Italia a girare CONCLAVE con Ralph Fiennes. Questa nuova versione sta affascinando le platee non solo per la storia in se del giovanissimo soldato al fronte Paul Baumer (Felix Kammerer, attore di teatro a Vienna, al suo esordio davanti la cinepresa) e dei suoi compagni tutti diciottenni, tutti valorosi e tutti automi nell’estremo sacrificio della prima linea. “La stella polare durante la riscrittura e durante la progettazione del film – ha raccontato Berger in un’intervista a Deadline in questi giorni – è sempre stato il romanzo, che ha un feeling da reportage. Abbiamo provato a raggiungere quel tono afferrando il pubblico per il bavero e trascinandolo nel fango, gli facciamo sentire che è lì”. Ne è venuto fuori un film che è esperienza, soggettiva e viscerale, con scene di massa alternate ad altre di grande solitudine, con alcuni momenti, come pure nel romanzo, davvero crudi e implacabili. E poi c’è la lettura politica: è la versione tedesca della sconfitta quella che incolpa i politici, nella precisione il leader della sinistra del partito cattolico Matthias Erzberger, il personaggio interpretato da Daniel Brühl. L’esercito prussiano aveva voluto mandare un politico “per placare i francesi”, ma in realtà per non prendersi la colpa della perdita della guerra, perché i militari volevano salvare la faccia. E dopo la firma dell’armistizio a Compiegne li accusarono di “aver tradito. Ci hanno pugnalato alle spalle. Avremmo vinto la guerra, se non l’avessero firmata”. I nazionalisti assassinarono Erzberger nel 1921, perché lo incolpavano della perdita della guerra. Poi Hitler lo usò, e i nazisti lo usarono, e i militari lo usarono per creare la leggenda che erano stati traditi e che ora avevano il diritto di iniziare un’altra guerra. “È una bugia perennemente ripetuta che poi – ha affermato Berger – è diventata la verità nella mente di molte persone e ha dato inizio a un’altra guerra mondiale”. All Quiet on the western front ha già vinto due premi Efa a Rejkiavik per Migliori effetti visivi e Miglior trucco e capelli ed è candidato al Golden Globe come miglior film non in lingua inglese.


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