
Da Downing Street ai vertici della FA, dai capitani ai massimi dirigenti della Premier League, e ancora opinionisti tv e manager pluridecorati, fino alla stragrande maggioranza dei tifosi, schierati in prima fila – sui social come fuori dagli stadi, come quella dei tifosi del Chelsea, in corso a Stamford Bridge in queste ore – per esprimere la loro indignazione contro la Superlega, ritenuta alla stregua di “un’aberrazione sportiva” nel paese che ha codificato le regole del calcio. E dove rabbia e sconcerto sono i sentimenti (quasi) unanimi degli ultimi giorni, così veementi da aver convinto il Chelsea – secondo le indiscrezioni raccolte dalla BBC – a ritirare la sua partecipazione al controverso piano. Una defezione, nel caso venisse confermata, destinata ad incrinare significativamente la compattezza del fronte ribelle. Da una parte lo sdegno contro i sei club inglesi scissionisti, rei di aver sottoscritto il patto costitutivo della Superlega. Dall’altra il timore per il futuro della piramide calcistica, dei principi di sussidiarietà, del modello di competizione meritocratica. La scossa iniziale, prodotta domenica sera dal comunicato della Superlega, è presto diventata uno tsunami di proteste e accuse, da parte del mondo del calcio d’Oltremanica. Compreso il governo britannico, che fin da subito si è schierato dalla parte dei tifosi contro “un’operazione di pura avidità”. Anche oggi, al cospetto dei vertici del calcio nazionale, il Premier Boris Johnson ha ribadito che farà “tutto il possibile” per impedire che vada in porto il controverso piano. Un impegno ribadito in un editoriale pubblicato sul Sun, il tabloid più letto dai tifosi. Come un atto di guerra, che non è escluso potrebbe tradursi anche in clamorose proposte legislative ai danni delle sei società ribelli, come auspicato dalla Federcalcio inglese. E dalla stessa Premier League, che oggi – senza i rappresentanti dei sei club reprobi – si è riunita in una seduta d’emergenza. All’ordine del giorno, le possibili ritorsioni contro gli scissionisti, colpevoli di “egoismo e tradimento”. E mentre i dirigenti studiano le prossime mosse, e i tifosi – anche dei club sotto accusa – si mobilitano, cominciano ad affiorare – dai campi della massima divisione inglese – anche le prime voci di dissenso. Dopo Jurgen Klopp, il primo a dirsi contrario al progetto escludendo però le dimissioni, oggi è stato Pep Guardiola a liquidare la Superlega come “anti-sportiva”, perché priva di meritocrazia. “Sono i proprietari che devono spiegare al più presto il perché di questa decisione – le parole del tecnico spagnolo -. Quando non c’è correlazione tra prestazione e risultati, non c’è sport”, ha aggiunto il tecnico catalano. Altrettanto esplicito il giudizio di Marcus Rashford, che ha pubblicato sul suo profilo Instagram la foto di uno striscione che ricorda come “il calcio è dei tifosi”. Un’iniziativa personale alla quale presto potrebbe seguire quella coordinata di tutta la categoria, dopo che Jordan Henderson, capitano del Liverpool, ha convocato i capitani di tutte le squadre della Premier per discutere se assumere una posizione unita e compatta contro la Superlega.
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