PICK UP e fuoristrada Toyota nuovi fiammanti nei cortei trionfali degli uomini in nero. I modelli Hilux e Land Cruiser della casa giapponese sono diventati una sorta di «brand comunicativo» dell’autoproclamato Califfo Abu Bakr al Baghdadi. Il video più famoso esibisce una lunga colonna che attraversa Raqqa, la città del nord della Siria nella quale l’Isis ha insediato la sua capitale. L’indistruttibile Hilux esordì nella guerra degli anni Ottanta fra il Ciad e la Libia. Nel 2000 era il mezzo di trasporto preferito da Osama Bin Laden, il fondatore di Al Qaeda.
ORA è diventato una presenza costante nei video dei guerriglieri che in Siria, in Iraq e in Libia sventolano drappi neri con la dichiarazione di fede islamica. Il dipartimento del tesoro statunitense ha chiesto spiegazioni alla Toyota. Ed Lewis, responsabile della comunicazione del colosso giapponese a Washington, ha rivendicato «una politica rigorosa che prevede di non vendere mezzi Toyota ad acquirenti che possano utilizzare i veicoli per attività paramilitari o terroristiche». Maria Zacharova, portavoce del ministero degli esteri russo, non si è lasciata sfuggire l’occasione per una polemica acuminata: «Gli Stati Uniti non raccontino favole sui missili da crociera russi (ndr, finiti in territorio iraniano), si occupino piuttosto dei loro Suv». Non sono solo i 43 mezzi forniti ai cosiddetti ribelli siriani moderati che si sono uniti tutti (tranne quattro) ai qaedisti siriani di Jabhat al Nusra. «Ne hanno centinaia», osserva incredulo Lukman Faily, ambasciatore iracheno negli Stati Uniti, «stiamo chiedendo spiegazioni ai Paesi confinanti». Il canale televisivo Abc ha realizzato un’inchiesta e ha scoperto che nella sola Australia sono stati rubati 800 veicoli simili. Dal 2011 al 2013 le vendite in Iraq si sono impennate, passando da 6 mila a 18 mila esemplari. Saad Maan, generale di brigata dell’esercito iracheno, accenna a un misterioso uomo di affari del suo Paese che importa clandestinamente gli Hilux e le Land Cruiser. La compagnia di spedizioni Sumitomo, che trasporta le vetture in Medio Oriente, dice di non sapere quali rivoli occulti alimentino il mercato parallelo. Un portavoce dell’importatore ufficiale ha ricordato che tutte le operazioni in Siria si sono fermate nel 2012. «Abbiamo informato il ministero del tesoro americano delle procedure messe in campo per proteggere l’integrità della nostra rete commerciale», dice Lewis.
IL GIALLO resta irrisolto. Mark Wallace, ex ambasciatore Usa all’Onu e ora numero uno del Progetto di Contrasto al Terrorismo, ha chiesto alla Toyota di «indagare più a fondo sui canali illegali e di imporre regole che ci permettano di non vedere più filmati nei quali l’Isis usa le sue auto».
La Stampa