“Tangentopoli”, ecco la prova regina… che gli atti di accusa non sono infallibili nella Patria del “rospo” S.A. che si trasformò nel “principe” fiduciaria… di Enrico Lazzari

Enrico LazzariRicordo gli anni Novanta. I tre capisaldi economici dell’epoca: segreto bancario, anonimato societario e differenziale fiscale. Poi un sempre più determinato attacco esterno -supportato da fiancheggiatori interni che vedevano nel fallimento economico di quel “Sistema San Marino” l’unica possibilità di conquistare, o almeno arrivare a spartire, il potere- accelerò il superamento di quel sistema economico. Un pezzo per volta…

Le prime a capitolare furono le società anonime. Dapprima, se la memoria non mi tradisce, si bloccò la concessione di nuove S.A., scatenando una corsa all’acquisto di quelle ancora operative. Questo provvedimento non fu però sufficiente a ripianare normali rapporti con la vicina Italia e, così, tempo dopo, le S.A. sparirono definitivamente dall’ordinamento societario sammarinese.

Ma, come accade spesso, queste, cacciate dal portone principale, rientrarono dalla finestra. Ovviamente, sotto mentite spoglie. Sul Titano iniziarono a nascere come funghi le società fiduciarie, caratterizzate da una netta separazione fra “proprietà” e “intestatario”, che infatti restava segreto. Un po’ come era per il socio della superata S.A.

Dunque, ricorrendo alla figura giuridica della società fiduciaria si ebbe la possibilità di permettere a investitori stranieri di non far conoscere la propria partecipazione azionaria a terzi. Al tempo stesso, questo investitore aveva la possibilità di acquisire la maggioranza azionaria o partecipazioni azionarie significative nel più completo anonimato.

Sul Titano fu un vero “boom”. La corsa alla fiduciaria sammarinese, specie da parte di imprenditori -onesti e non- italiani fu massiccia. Tanto che nacquero decine e decine di finanziarie la cui attività principale era proprio la gestione di queste nuove -chiamiamole- “società anonime”.

Si creò un indotto importante, anche in termini di occupazione, visto che -per il suo fine elusivo dell’imposta straniera- ogni fiduciaria era opportuno che avesse un amministratore sammarinese non collegabile al “proprietario” straniero, nel caso quasi sempre italiano. Al tempo stesso, si diede una spinta importante anche al mercato immobiliare e all’edilizia, visto che la legge imponeva ad ogni fiduciaria di avere una sede reale in Repubblica.

Ma anche questo “caposaldo” è oggi -nella sua essenza- tramontato poiché il nuovo regime di scambio di informazioni fra Italia e San Marino ha decretato la fine del segreto attorno al nome dei reali “titolari”. Gli imprenditori stranieri, quindi, hanno in fretta e furia chiuso ogni rapporto con queste fiduciarie sammarinesi che, anche quando operavano con fini moralmente deprecabili, determinavano ingenti introiti fiscali per le casse pubbliche statali sammarinesi.

Ma perchè oggi, mentre il Titano è alle prese con arresti eccellenti, è importante ricordare la storia recente di S.A. e società fiduciarie? Semplice, perché in carcere è finita, seppure solo per poche ore, Mirella Frisoni, la cui attività imprenditoriale, il cui lavoro era proprio quello di aprire società fiduciarie per investitori stranieri.

E proprio in questo ambito si configurerebbero i presunti reati di cui è accusata la Frisoni, oggetto di “complimenti sinceri” per la sua grande competenza professionale addirittura nell’ordinanza di arresto. “…Mirella Frisoni, persona di comprovata esperienza -si legge nella stessa ordinanza- nell’occultamento dei reali beneficiari di società…”.

Ma l’occultamento dei reali beneficiari, dei titolari reali, non è la caratteristica della società fiduciaria contemplata e regolamentata, per anni, dall’ordinamento societario sammarinese che, fino al 2010, non riconosceva l’evasione fiscale come un reato penale?

La società fiduciaria sammarinese non era utilizzata -ci dicono- da tanti italiani per fini di elusione delle imposte italiane?

Nell’ambito di questo suo lavoro -è sempre la conclusione messa nero su bianco nell’ordinanza di arresto o custodia cautelare- la Frisoni “nell’arco di 10 anni”, ha potuto versare “sui suoi conti circa 15 milioni di euro, con entrate medie di 1,5 milioni ogni anno”. Una cifra molto alta in senso assoluto ma, vien da dire, vista l’attività che svolgeva, per nulla eccezionale, almeno a mio parere…

Questi soldi, però, potrebbero essere frutto di evasione fiscale, di elusione dell’imposta italiana o sammarinese. Quindi sarebbero soldi sporchi. O, forse, no?

Moralmente chiunque favorisca una pratica “troppo furba” è condannabile. Non ci sono dubbi in merito. Ma legalmente lo è? No… Per essere perseguibile penalmente la “furbata” deve costituire reato penale.

Prima del 2010, come anticipato, in Repubblica l’evasione fiscale non era un reato penale. Quindi se una società, un individuo avesse utilizzato sul Titano anche miliardi e miliardi di euro frutto di evasione fiscale in Italia -quindi frutto di una pratica non riconosciuta come reato penale in Repubblica- non sarebbe perseguibile per il reato di riciclaggio. Almeno questa è la conclusione tratta da diversi autorevoli esperti di giustizia civile e penale. E se lo dicono loro…

Discorso diverso in caso di riciclaggio di denaro proveniente da altri reati come, ad esempio, estorsione, ricatto, concussione, corruzione ecc., pratiche riconosciute come reato penale anche sul Titano. Se i soldi riciclati avessero quella provenienza il presupposto reato di riciclaggio sarebbe perseguibile. Ma che provenienza hanno i soldi movimentati dalla Frisoni in questi anni?

Purtroppo, sulla base degli atti prodotti e resi pubblici fino ad ora, non è possibile a noi di comprendere con estrema esattezza la provenienza dell’ingente flusso di denaro ricostruito in queste inchieste che hanno portato in carcere diversi sammarinesi anche di spicco. Si può provare a dedurre. Ma non è semplice.

Va comunque evidenziato, più per esprimere un giudizio morale che altro, che a fronte di questi importanti flussi finanziari i redditi dichiarati -si legge nella stessa ordinanza di arresto- “non hanno mai raggiunto i 30mila euro”. Una chiara accusa, evidenziata dalla definizione “mendaci” affiancata a quella “voci di spesa”, di evasione fiscale che, si ricordi, fino al 2010 sul Titano non era reato penale.

Leggendo l’ordinanza si evince un “gran casino” di numeri, di prelievi, di depositi, di libretti e di personaggi storici… Ma non si menziona in alcuna riga di queste 13 pagine, con certezza e con chiarezza, la provenienza originaria di questi fondi. Possiamo, quindi, solo dedurre che siano illeciti gravissimi e che ci possa essere una ipotesi di reato diversa dalla semplice e sul Titano non penalmente perseguibile -fino al 2010- evasione fiscale. E per farlo dobbiamo fidarci non di prove già incontestabili o -almeno per noi- di indizi chiarissimi, ma di quanto sostenuto nelle ordinanze varie in cui si descrivono fatti ormai non più coperti dal segreto istruttorio in quanto evidenziati in atti pubblici.

E, il fatto, che tutti i media o quasi sembrino creder ciecamente all’infallibilità delle ipotesi accusatorie non è un fatto che nel merito va a rafforzare le stesse ipotesi.

Oggi, troppi sammarinesi credono -o vogliono, o gli fa comodo credere- nell’infallibilità dei provvedimenti di custodia cautelare, nell’infallibilità delle tesi accusatorie. Ma così non è.

Questi provvedimenti non sono infallibili proprio per definizione e solo chi è estremamente ignorante in materia giuridica o, peggio, in malafede, può intenderli e cercare di farli intendere agli ingenui cittadini come sentenze definitive di colpevolezza e quindi di condanna.

La non infallibilità di queste ordinanze di custodia cautelare si evidenzierebbe concretamente, del resto, nelle 13 pagine del documento che ha portato in carcere Mirella Frisoni appena qualche giorno fa. In questa, testualmente, relativamente all’attività della stessa si legge: “Nel corso del tempo ha assunto nuove variabili connotazioni, nuove modalità operative a seconda delle circostanze che vanno dalla prestazione di consulenza, alla intestazione di centinaia di immobili” che “nell’anno 2006 hanno raggiunto quota 274…”.

Quando ho letto ciò, amplificato da tutti gli organi di informazione, anche i più solitamente prudenti, mi sono detto: “Ecco la prova inconfutabile, l’elemento impossibile da giustificare… Il primo elemento di prova che anche a noi comuni mortali appare davvero concreto in quanto impossibile razionalmente da giustificare con l’attività professionale”.

Del resto 274 immobili (credo intesi nell’ordinanza come unità immobiliari) intestati sono un capitale enorme, anche se fossero tutti semplici garage… Poi, però, scopriamo che queste 274 unità immobiliari non esistono. O, meglio, esistono, ma non sono -come ci è stato spiegato- di proprietà della Frisoni o dei suoi “clienti”. Sarebbero -uso il condizionale per estrema prudenza, avendo dedotto ciò sulla base di ricostruzione fatta da terzi e non essendo io esperto di queste questioni- la totalità delle unità immobiliari di un immobile (l’Admiral Point) o di una sua frazione non frazionata nel 2006. Spero di essermi spiegato…

Comunque, non essendo frazionata, ogni intestatario di almeno una di queste unità immobiliari o ampia frazione della stessa, risulterebbe proprietario erroneamente della totalità. Dunque, Mirella Frisoni, non sarebbe mai stata proprietaria realmente di 274 unità immobiliari…

Eppure, in materia l’ordinanza era estremamente chiara… Ma questo non è certo un aspetto eclatante o un atto di accusa verso qualcuno, visto che la non infallibilità delle ordinanze cautelari, in quanto tali, è nella definizione degli stessi atti che, normalmente, possono contenere ipotesi che poi, in successivi approfondimenti o in successivi dibattimenti o processi, vengono smentite o ridimensionate. Specie in inchieste così complesse come quelle incentrate su reati finanziari… In ogni caso, senza quei 274 “immobili”, almeno noi comuni mortali, siamo daccapo… Ancora in attesa della prova regina…

Anzi no… non siamo esattamente daccapo! Oggi, dopo i 274 immobili “spariti”, tutti, anche i più convinti “colpevolisti per preconcetto” o per comodo non possono più credere nell’infallibilità degli “atti di accusa”, degli atti cautelari e, quindi, dovranno guardare con un po’ più razionalità, realismo, serenità a quanto sta accadendo sul Titano…

Enrico Lazzari